Francia: un governo Rn potrebbe essere di ostacolo per Marine Le Pen verso l’Eliseo

In Francia, tre sembrano essere i possibili scenari delle elezioni politiche: vittoria dell’estrema destra, successo della sinistra radicale, Parlamento privo di maggioranza, come nella legislatura che si è appena chiusa con lo scioglimento decretato dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron.

Tre scenari – va detto – uno peggiore dell’altro. In caso di un’Assemblea senza alcuna chiara maggioranza ne deriverebbe infatti un esecutivo debole, sulla falsariga di quelli all’opera nell’ultimo biennio, prima con Elisabeth Borne e poi con Gabriel Attal. Oltralpe, a differenza che da noi, manca una cultura delle alleanze e sarà difficile che le formazioni centriste riescano ad unirsi ai socialisti o ai gollisti per allestire una compagine sufficientemente robusta.

Difficile che vinca il Nuovo fronte popolare. Troppo marcata l’egemonia di Jean-Luc Melenchon, un tribuno della plebe che non gode di unanimi favori neppure all’interno della coalizione progressista.

Più probabile, anche perché oggi la destra radicale ha il vento in poppa, un successo del Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen. Le stime più favorevoli indicano che al massimo disporrà di 300 seggi (undici in più della maggioranza assoluta) sui 577 totali. In quel caso a Matignon, il palazzo Chigi francese, entrerebbe Jordan Bardella, il giovane pupillo della Le Pen e ogni responsabilità dell’andamento del Paese sarebbe nelle mani dell’estrema destra, da sempre all’opposizione di qualsiasi governo, fosse di centro-destra o di sinistra.

Una collocazione che ha permesso al Rn di raggranellare consensi, alimentando la protesta in ogni direzione. Una sinecura che, nel momento in cui fosse al governo, cesserebbe d’incanto. I francesi avrebbero così l’occasione di veder finalmente all’opera questa destra sovranista per i prossimi tre anni. Sino alle presidenziali del 2027. Un potere però limitato – il semipresidenzialismo non è il premierato – dalla presenza all’Eliseo del liberale Macron, cui resterebbero le attribuzioni in materia di difesa e politica estera ed europea, oltre che di garante della Costituzione.

Nelle coabitazioni il dualismo tra presidente e premier ha sempre arriso al primo, percepito come nume tutelare delle istituzioni. Il socialista François Mitterrand fu rieletto nel 1988 dopo due anni di coabitazione con il gollista Jacques Chirac e lo stesso Chirac fu riconfermato in carica dopo aver condiviso il potere con la sinistra plurale di Lionel Jospin. Tre anni a Matignon potrebbero logorare il Rn al punto da impedire l’ascesa della Le Pen all’Eliseo: vero pericolo assai più che non l’approdo al governo.

Fiutando l’aria, la Le Pen ha rinunciato a priori alla carica di primo ministro: parafulmine di tutti i malumori dei francesi. Troppo rischiosa l’impopolarità che metterebbe una zeppa alle sue ambizioni presidenziali. Però potrebbe non bastare. Infatti o l’eventuale esecutivo Rn otterrà davvero dei buoni risultati, oppure il suo indice di gradimento nel corso dei mesi scenderà inesorabilmente. E a quel punto per la Le Pen la presidenza diverrebbe una chimera.

A ben vedere la mossa di Macron di sciogliere anzitempo l’Assemblea ha scompaginato i piani lepenisti. Per la bionda Marine sarebbero meglio tre anni di facile opposizione per poi presentarsi alle presidenziali 2027 come ultima risorsa per la Francia. Siccome – come si diceva – il vero rischio è vedere la Le Pen all’Eliseo, per le prossime legislative, forse più che preoccuparsi per un’eventuale vittoria del Rn ci sarebbe quasi da augurarselo.

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