Francia: necessità di un compromesso

Vjaceslav Molotov, ministro degli Esteri sovietico dei tempi di Stalin, diceva che <<il problema delle elezioni libere è che non si sa mai come vanno a finire>>. Meno male che è così. Ma detto questo resta pur vero che le urne sono sempre fonte di sorprese, come ha mostrato il voto legislativo in Francia. La sinistra, data per spacciata, termina la sua corsa in testa; mentre l’estrema destra, a un passo dal governo, o forse proprio per questo, si deve accontentare del terzo posto. Sorpassata dai tanto detestati centristi targati Macron.

Pieno successo, dunque, del fronte repubblicano: il ritiro dei candidati di sinistra collocati in terza posizione ha permesso l’elezione di centristi e gollisti e l’uscita di scena, seppur meno consistente, delle forze di centro ha dato il via libera ai concorrenti del Nuovo fronte popolare (Nfp) meglio piazzati. L’obiettivo di impedire l’arrivo al potere del Rassemblement national è stato raggiunto. Adesso però occorre capire cosa fare, perché la situazione è più confusa che mai.

Certo, il voto ha fatto prevalere la sinistra ma il fatto di essere maggioranza relativa, lontana cento seggi dai 289 della maggioranza assoluta che garantirebbe l’autosufficienza – non consente di poter governare applicando tutto il programma del Nfp e solo quel programma. Affermare una cosa simile come ha fatto il leader della France insoumise (Lfi), Jean-Luc Melenchon è semplicemente insensato.

E’ invece necessario cercare delle intese con altre le forze politiche centriste e golliste. Una trattativa nella quale, evidentemente, la sinistra avrà voce in capitolo senza però essere la sola voce in grado di imporre la propria volontà. Al tempo stesso, altrettanto velleitaria è la pretesa dei gollisti repubblicani, con una pattuglia di 66 deputati, di escludere la sinistra da un’eventuale piattaforma di governo.

La verità è che, per la prima volta nella sua storia, la Francia della Quinta repubblica vive una fase nella quale tra le diverse forze politiche si rivela indispensabile un compromesso. Termine che Oltralpe viene purtroppo scambiato per compromissione, mentre è la normale modalità con cui la politica opera in qualsiasi democrazia europea.

Lo si vede in Germania. In passato con la Grande coalizione tra Cdu e Spd, ed oggi con la maggioranza rosso-giallo-verde che tiene insieme i liberali e i verdi. E lo stesso accade in Spagna con l’accordo, non facile, tra i socialisti del Psoe e le formazioni nazionaliste basche e catalane. Tra l’altro proprio dalla Spagna arriva un altro messaggio importante. Non è affatto detto che la forza politica più votata, in questo caso il Partito popolare, riesca ad accedere alla guida del Paese. Non basta disporre della maggioranza relativa, occorre soprattutto essere in grado di contrarre delle alleanze con altre formazioni.

Il mondo politico transalpino oggi è chiamato a mettere da parte le contrapposizioni e a cercare un’unità di intenti su un programma minimale che dia spazio alle esigenze della sinistra, dei centristi macroniani e dei gollisti repubblicani. A complicare l’avvicinamento – in antitesi a sessanta anni di impermeabili blocchi contrapposti – c’è anche la sfida delle presidenziali. Tutti quanti pensano già al 2027, alla corsa verso l’Eliseo: meta agognata per dirigere il Paese. E quest’obiettivo rischia di radicalizzare le posizioni di ciascuno, nel timore di avvantaggiare gli avversari nel momento in cui si collabora alla stessa maggioranza.

Questa indubbia crisi del sistema politico transalpino contiene l’opportunità di dar vita ad un diverso contesto rispetto ad un passato di continue contrapposizioni. Ora o mai più. In caso contrario il fronte repubblicano apparirà unicamente come un sotterfugio volto ad impedire all’estrema destra di governare. Una tattica che alla lunga potrebbe stufare i francesi e una volta o l’altra regalare per davvero al Rn quella maggioranza assoluta che oggi gli è mancata.

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