Romania: presidenziali annullate

In Romania, elezioni presidenziali annullate. Tutto da rifare dopo il primo turno celebrato lo scorso 24 novembre e concluso con la vittoria, a sorpresa, di Calin Georgescu, candidato filorusso di estrema destra. Un primato inatteso che gli aveva consentito di presentarsi in testa al ballottaggio dell’8 dicembre contro la liberale Elena Lasconi capofila della Usr (Unione salvate la Romania). Un successo però viziato, a quanto è emerso dai riscontri dell’intelligence di Bucarest, da gravi irregolarità con un’anomala campagna elettorale che ha permesso a Georgescu a pochi giorni dal voto di giungere, partendo da una percentuale irrisoria di consensi, addirittura al 23 per cento delle preferenze.

Per l’intelligence l’avanzata di Georgescu non può infatti ricondursi soltanto ad una naturale scelta antisistema di una parte degli elettori ma è il risultato di una manipolazione orchestrata da soggetti esterni, interessati a influenzare l’esito della tornata secondo i propri desiderata. Gli sguardi sono puntati verso la Russia ritenuta propensa ad influire, quanto più possibile, sugli esiti elettorali dei Paesi dell’est europeo per frenarne l’approdo nell’Unione. Un contesto che si sta verificando in Georgia. Mentre per la Romania, da anni membro Ue, si tratterebbe più che altro di mettere ulteriori zeppe sovraniste per indebolire il processo di integrazione europeo. Mosca ovviamente respinge qualsiasi addebito ed anzi accusa l’Occidente di non saper accettare il risultato di un’elezione se il responso non è allineato all’europeismo di Bruxelles.

La Corte costituzionale, dopo la denuncia, ha annullato la prova elettorale e adesso si riparte da zero, sebbene Georgescu sostenga di esser stato defraudato di un consenso ottenuto con la massima trasparenza. Va detto che, sull’intervento dei giudici, qualche dubbio rimane. Potrebbe rivelarsi il classico rimedio peggiore del male, Forse sarebbe stato meglio dar comunque corso al ballotaggio accettandone l’esito e peraltro non è affatto detto che il candidato nazionalista avesse già la vittoria in tasca. Anzi, facilmente, dietro la Lasconi si sarebbe formato un fronte europeista in grado di batterlo. Tutto si sarebbe svolto con una certa normalità e Georgescu non potrebbe ergersi a vittima del “pensiero unico europeo”.

Ancora da stabilire la nuova data delle presidenziali. Frattanto il 1°dicembre si sono svolte le elezioni legislative. Dalle urne questa volta nessuna sorpresa. I partiti tradizionali hanno ripreso il loro spazio. A prevalere con il 22 per cento dei voti è stato il Partito socialdemocratico del primo ministro, Marcel Ciolacu, che ottiene 86 seggi e conquista la maggioranza relativa proponendosi come la formazione su cui si poggierà il futuro esecutivo. Al secondo posto – 18 per cento e 64 seggi – si sono classificati i nazionalisti di destra dell’Alleanza per l’Unione dei Rumeni. Il loro leader, George Simion, era uno dei favoriti per la presidenza, surclassato però dall’exploit di Georgescu che ha pescato nel suo stesso bacino elettorale. In terza posizione troviamo il centro-destra europeista di Elena Lasconi. L’esito che, in pratica, capovolge quello delle presidenziali, segnala comunque che in Romania vi è una significativa presenza nazionalista, incarnata da Simion, che poco o nulla ha a che vedere con le manovre telematiche.

La cancellazione delle presidenziali divide il Paese. Alla scontata indignazione di Georgescu, che aveva invitato i suoi elettori a recarsi lo stesso ai seggi l’8 dicembre, si aggiungono le reazioni negative di Simion, che parla di “colpo di Stato”, e della Lasconi, che considera illegale lo stop al processo elettorale. Opposto il parere del premier Ciolacu che ritiene corretto, ed inevitabile, il responso della Corte dopo quanto si è scoperto in termini di manipolazioni del voto. Di annullamento delle elezioni parla anche Drept, minuscola forza di estrema destra: solo che si riferisce a quelle per il Parlamento. Ovviamente in questo caso non si avrà alcuna conseguenza, ma è chiaro che il clima in Romania è molto teso.

Del resto è la prima volta – almeno in una democrazia europea – che il voto dei cittadini viene azzerato. Qualcosa di inedito e preoccupante ben al di là del caso rumeno. Si rischia infatti di creare un pericoloso precedente che potrebbe essere usato per tarpare la volontà degli elettori anche in altre circostanze.

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