Mattarella: pace, rispetto, bene comune
La pace come valore cardine in un mondo contemporaneo ferito dalle guerre in troppe sue parti. Non solo a Gaza, in Siria o in Ucraina. Una Terza guerra mondiale a pezzetti che arricchisce solo i mercanti di armi, che mina la convivenza tra i popoli, frena lo sviluppo e accentua povertà e disuguaglianze. Questo il tema con cui il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha esordito nel suo tradizionale messaggio di Capodanno. Il decimo del suo mandato.
Una pace che non però significa sottostare alla legge del più forte, quasi rassegnandosi a subirne il dominio, ma una vera e propria collaborazione tra i popoli per risolvere le controversie internazionali. Così come recita, assieme al ripudio della guerra, l’art. 11 della Costituzione. Pace che l’Italia <<ha sempre perseguito e di cui l’Unione europea è storica espressione>>. Frutto della vicenda di un’Europa dilaniata dalla tragedia del Secondo conflitto mondiale e che solo nell’integrazione sovranazionale ha trovato il vero antidoto contro i veleni del nazionalismo e della prevaricazione di uno Stato sull’altro.
A livello globale occorre <<riorientare la convivenza e il modo di vivere non facendo prevalere, come spesso accade, quelle forze centrifughe che radicalizzano le contrapposizioni>>, rendendo impossibile qualsiasi compromesso e qualunque intesa. Tensioni che rischiano di divenire insuperabili e che fanno la fortuna soltanto di chi sfrutta i conflitti per il proprio tornaconto. L’industria delle armi: quel “complesso militare industriale” – che soffia sul fuoco e che mette in pericolo la nostra stessa democrazia – messo in luce già molti decenni fa Dwight Eisenhower nel suo congedo della Casa Bianca.
Pericolo sempre attuale. Basti pensare – ha sottolineato Mattarella – ai quasi 2.500 miliardi, cifra record fatturata lo scorso anno dal settore armamenti. Otto volte di più di quanto stanziato – alla Cop 29 di Baku, in Azerbajan – per combattere il riscaldamento climatico. Una sproporzione inaudita ed insensata. E questo mentre incalzano sfide di portata mondiale dalla lotta contro le malattie, alla tutela dell’ambiente, alla protezione delle risorse idriche ed alimentari.
Sfide di un mondo complesso rispetto alle quali l’Italia, nel suo piccolo, è chiamata a fare la propria parte. Un’Italia che si sta muovendo tra indici positivi – crescita occupazionale – e negativi – bassi salari e la precarietà. Specie per le giovani generazioni. Come se la nostra ricetta di sviluppo sia diventata quella del “lavoro povero”. E magari anche insicuro, visti i drammatici e continui infortuni lavorativi che costellano il nostro mondo produttivo.
Altro tema caldo la sanità. La difesa del nostro sistema sanitario pubblico, gratuito ed universale è condizione decisiva per il nostro futuro. Misura della nostra civiltà, posto che la salute mai può essere affidata al mercato come un prodotto qualsiasi, con un sempre più grande numero di persone che rinuncia a curarsi. Impellente infine la necessità di rispondere alla sfida climatica, poiché eventi atmosferici un tempo eccezionali oggi stanno divenendo la normalità. In Italia, in Europa e nel resto del mondo.
Il nostro avvenire richiede un forte impegno solidale che trae vigore innanzi tutto dal rispetto verso la persona umana e la sua profonda dignità. Rispetto che per il Capo dello Stato è <<il primo passo per una società più accogliente e più capace di umanità>>. Si tratta di superare l’angusta prospettiva dell’egoismo e dell’indifferenza ritrovando la capacità di vivere insieme che rappresenta il vero segno dell’idea di Patria. Patriottismo da non confondere con l’ubriacatura nazionalista di un tempo e che si riscontra in chi compie con coscienza il proprio dovere.
Alla base c’è la nostra Costituzione i cui valori fondanti – dignità umana, aspirazione alla pace, libertà e democrazia – traggono linfa dalla Liberazione di cui quest’anno si celebrano gli ottanta anni. Un percorso che sta alle nostre spalle e che illumina il nostro avvenire, cui tutti siamo chiamati dare il nostro contributo nel conseguimento del bene comune. <<Alto compito – ha concluso il Presidente – che ci attende e che si trasmette da una generazione all’altra>>.
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