E la Grecia ce la fa?

Pare abbia deciso di salvarsi da sola con una cura a dosi da cavallo che colpisce il debito ma soprattutto la gente comune: stipendi e pensioni falciate, licenziamenti nel settore degli intoccabili, quello statale, chiusura di metà delle scuole, supertassa immobiliare, incremento generalizzato del prelievo fiscale. I greci si ribellano e protestano contro il governo perché, come accade in ogni parte del mondo, a pagare sono sempre gli stessi. La gente non arriva neanche a metà mese e la recessione non abbandona l’economia greca. Un grande lavoro attende la Caritas ellenica. Anche di riflessione. Abbiamo provato ad approfondire i motivi della grande crisi del 2009 ma, a quanto pare senza grandi successi. Le cause che hanno mandato in fumo Lehman Brothers, i risparmi di mezzo mondo e migliaia di posti di lavoro agiscono ancora: tutti le vedono, nessuno le rimuove. Speculazione pare sia la parola magica alla base di tutto. Diciamo che si è persa la misura! Speculazione fa rima … con cupidigia. Si, perché nel momento in cui tutti sapevano che la Grecia stava affondando, cosa hanno fatto le banche europee e di tutto il mondo? Prima hanno venduto i titoli greci e quando, debitamente deprezzati, li hanno riacquistati con la convinzione che L’Unione Europea mai avrebbe fatto fallire la penisola ellenica e tutti si aspettavano grandi profitti. In questo gioco in cui “vince il più furbo” qualcuno ha fatto maramao (i tedeschi? I francesi? Chi lo sa?) con il risultato che l’Europa pare immobile spettatrice di eventi che, giorno dopo giorno, ci portano più in basso spingendo grafici e indici economici e finanziari giù nel precipizio. Non solo. Adesso le banche europee con in pancia un portafoglio ricco di titoli greci, fortemente deprezzati, gridano aiuto. Le banche devono essere salvate (più della Grecia) pena un cataclisma finanziario dalle dimensioni inimmaginabili.

 

Lotta alla cupidigia

Toccheremo il fondo per poi risalire? Forse si a patto di abbandonare la partita de “il più furbo vince” e non ci intestardiamo nel rilanciare i modelli economici del passato.

L’uomo moderno ha una grande occasione: lasciarsi alle spalle l’epoca delle orge speculative, dimenticandosi il vizio dell’arricchimento fine a se stesso per dedicarsi alla virtù. Ce la faremo? Se la “malattia” è l’incommensurabile desiderio di guadagno, la terapia quale potrebbe essere? Viene da pensare, per legge di compensazione al digiuno, o meglio, alla sobrietà. Si, il digiuno o la sobrietà come si preferisce e qui non cito nessun economista perché le teorie economiche non prevedono alcun digiuno, ma cito un giornalista-scrittore, che ha fatto della ricerca di “qualcosa di nuovo” un motivo di vita, perché convinto che il nostro mondo, tutto dedito al massimo guadagno, appare in verità sempre più povero e umanamente inadeguato. Si tratta di Tiziano Terzani, scomparso nel 2005, una vita da corrispondente in tanti paesi asiatici ed una grande attrazione per l’oriente e la sua filosofia di vita. Nel suo libro “Un altro giro di giostra” sperimentando su se stesso la terapia del digiuno, terapia molto apprezzata nelle pratiche ascetiche orientali, Terzani scrive: “… Per l’Economia è una «buona notizia»che la gente compri di più, costruisca di più, consumi di più. Ma l’idea degli economisti che solo consumando si progredisce è pura follia … Gandhi nel suo modo semplice, ma preciso e morale, lo aveva capito quando diceva: «La Terra ha abbastanza per il bisogno di tutti, ma non per l’ingordigia di tutti» Grande sarebbe l’economista che ripensasse l’intero sistema tenendo presente ciò di cui l’umanità ha veramente bisogno non solo dal punto di vista materiale. Siccome il sistema non cambierà da sé ognuno può contribuire a cambiarlo… digiunando. Basta rinunciare ad una cosa oggi, a un’altra domani. Basta ridurre i cosiddetti bisogni di cui presto ci si accorge di non aver bisogno. Questo sarebbe il modo per salvarsi. Questa è la vera libertà: non la libertà di scegliere, ma la libertà di essere. La libertà che conosceva bene Diogene che andava a giro per il mercato di Atene borbottando fra sé e sé: «guarda, guarda, quante cose di cui non ho bisogno!».

 

In verità noi tutti deleghiamo la soluzione ad altri: alla politica, agli esperti, ai saggi… Diciamo a noi stessi: la cosa non mi compete, seguo la corrente, qualcosa prima o poi faranno. Attendiamo che la Storia generi un “grande” per dare una svolta, ma non è più tempo di aspettare Godot, la nostra epoca pare abbia chiuso con i grandi spiriti condottieri, coloro che, come affermava Weber, facevano la Storia. Il passato ci mette in guardia dal seguire le orme di un capo carismatico magari xenofobo con la promessa di realizzare la felicità sulla Terra. Le masse diffidano? Forse. Sicuramente sembrano disilluse e in attesa. Non è più momento di capi carismatici che prendono in mano le redini del futuro. E’ tempo di conversione, di comunità di uomini che coltivino consapevolezza e virtù, comunità che scelgono i sentieri di sostenibilità: sociale, umana, economica e politica. L’Europa, al contrario dell’America, che ha deciso immediatamente di sostenere il suo sistema economico finanziario (in barba a tutte le teorie liberiste), proclama interventi e mette in atto decisioni a ritmi elefantiaci. Sembriamo protagonisti, noi europei, di una tragedia greca: cercando di fuggire dal baratro finanziario andiamo inconsapevolmente e lentamente incontro al nostro destino. La debolezza della politica con la sua povertà di idee e di coraggio ci spinge verso il crac: desiderio inconscio di abbattere per poi ricostruire di nuovo?.

 

Sacrifici sì ma lotta alla povertà

La Grecia ha scelto una politica coraggiosa ma non sappiamo se accanto ai tagli il governo ellenico abbia varato provvedimenti di tutela dei più poveri, rimedi ed azioni che impediscano un peggioramento delle relazioni e della convivenza civile e sociale. Saggio il governo in grado di chiedere ai propri cittadini una “cura dimagrante” e al tempo stesso offrire strumenti e garanzie contro la povertà e il decadimento sociale. Si può cambiare stile di vita senza offendere la dignità delle famiglie e delle persone.

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