La quaresima di Monti

Dimenticare Berlusconi: il governo del quaresimale Mario Monti serve a questo. E a non perdere contatto con l’Europa, unica patria del welfare da salvare e aggiornare. Per cui spaesati riformisti hanno intuito che senza welfare non c’è Europa e quindi ingollano con gli stranguglioni la medicina governativa dicendo in giro: “Poteva perfino essere più amara”. Ci ha preso subito Scalfari: è tornata la Destra Storica, quella che fin qui Gianfranco Fini aveva cercato (l’uomo ha doti di sommozzatore) senza ovviamente trovarla. Mussolini infatti lasciò tragicamente da socialista sansepolcrista. Malagodi probabilmente fornicava anche lui nottetempo con Keynes e scriveva lettere ammirate a don Milani. Berlusconi, Mida dell’immagine, ha trasformato tutto in profittevole carnevale. Show must go, ma non poteva durare all’infinito.

È adesso? I poveri sono più poveri e i riformisti più nudi. Di una nudità universalmente europea. Blair, Giddens ed epigoni nel Regno Unito che sbatte i tacchi a Bruxelles; il lindo Ulrich Beck nella Germania che si sente tornata grande ed ha i brividi. In Italia siamo andati dietro per quasi un ventennio al pifferaio, bestemmiandolo. Adesso il sipario è calato, anzi, la farse est jouée. E manca un’idea. Epoca questa di superstiti intellettuali, non di pensatori. Il mio regno per un brandello di teoria… E sarebbe – ironia – la cosa più concreta nel passaggio di questo melmoso mar Rosso. Cercasi Mosè e popolo. Un’organizzazione non prussiana (a disfarla ci pensa la Merkel) per cessare dalle nostre parti di consumare la storia e per provare invece a costruirla. Con dosi selezionate di passato per attraversare questo disordinato presente alla volta di un futuro “non si sa che”. La politica contro la storia, predica il suo credo tardo-operaista Mario Tronti, guru inascoltato.

E anche contro San Tartufo. Todi? Città d’arte. Buoni sentimenti (l’anno liturgico arranca necessariamente tra Natale e Pasqua) al posto delle idee. Esci con un progetto se ci vai con un’ipotesi fondata. Anche per i credenti è inevitabile il cilicio del pensiero: meglio sulla fronte di dove con umiltà lo occulta una Binetti desaparecida. Così ad Andrea Riccardi la palma del più credibile e meglio pensante della congrega cui mi ritengo affine, a Corrado Passera – che ha l’aria e la professione di chi di un quadro si informa anzitutto sul prezzo – il trampolino e lo scatto. Sentiremo ancora parlare di lui, non solo per la pubblicità dell’arte umbra.

Dunque, talvolta è utile riflettere sulla povertà e sul vuoto. Ha scritto sulla povertà Martin Heidegger: “Essere-poveri significa: non mancare di nulla che non sia in effetti superfluo – non mancare di nulla in quanto libero-liberante. Nondimeno: ciò di cui manchiamo non ci è dato in proprietà in modo tale, evidentemente, che ciò che ci sta a cuore è che ciò che manca ci diventi proprio. Ciò di cui manchiamo, noi non lo possediamo, e tuttavia ciò che manca possiede noi.” Così, per chiarirci le idee. Mino Martinazzoli (non si è mai capito se con più bonomia o sarcasmo) invitava di tempo in tempo a non essere “spensierati”. E il décalage dei tempi è tale che, lasciata la Foresta Nera, arrivo a citare il Nanni Moretti che incalzava a dire “qualcosa di sinistra”.

Con un’avvertenza: prima bisogna averci pensato.

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