I giorni del rischio

Ritorniamo ai giorni del rischio, scriveva David Maria Turoldo. Era un invito, una provocazione tra le tante sue, forse un verso fatto titolo. La tecnica non basta a se stessa e come potrebbe bastare alla politica, anzi e più, a colmarne il vuoto insopportabile? Puoi fare senatore a vita il presidente della Bocconi, ma dovrà comunque essere fornito di grande senso della posizione politica: “naso” che a Monti non pare mancare, e tanto meno pare far difetto al suo autorevolissimo sponsor. Giorgio Napolitano – un tempismo eccezionale il suo – s’è collocato nel sito dello stellone italico e al Quirinale vive di genialità politica e sapienti geometrie costituzionali; tuttavia un uomo solo al comando fu uno slogan giustamente ritagliato su Fausto Coppi e le salite alpine, mentre mal si adatta ai colli sciroccosi di Roma.

Quando Charles De Gaulle fu richiamato a Parigi a furor di patria stava scrivendo le memorie a Colombey-les-deux-Eglises. Mise da parte i fogli e l’Algeria e fece scrivere la nuova Costituzione nel giro di una settimana. Ma aveva guidato la Resistenza francese. Mario Monti, visti i trascorsi a Bruxelles, incluso il braccio di ferro vittorioso con Bill Gates, regge benissimo la prova con l’Europa dei banchieri. Li ascolta e dà con tempestività le risposte richieste. Ascolta i sindacati a Roma, e questi fanno sciopero in attesa delle risposte.

Non si può reggere a lungo a guardare nella sfera di cristallo. Monti o non Monti, destra storica o raccogliticcia di spezzoni di competenze accademiche, la nuova transizione non si prolungherà all’infinito. A quel punto il vuoto si farà baratro, e non sarebbe saggio fare un passo avanti… La colpa non è sempre e tutta degli altri. E, allora, da dove ri-cominciare?

Non dai talk-show e neppure da donne e uomini da canzonette. Bisognerà averci pensato. Non basteranno le distinzioni puramente semantiche tra riformisti (scuola storicista) e riformatori (scuola sturziana). Potrebbero ancora servire, ma ci sono di mezzo vent’anni di deviazioni così consistenti (un modo di dire) che pare mancare il tempo per tornare indietro alla ricerca del filo perduto. Eppure qualche contenuto ci vorrà. Novità, non lenzuolate. Un diverso approccio al lavoro (oltre Ichino, oltre Tiziano Treu, oltre Tito Boeri). Cose magari riciclate. Ricordate le Partecipazioni Statali prima che imbastardissero in “razza pagana”? Non da copiare o replicare, ma così, come stimolo alla immaginazione creatrice… Aprire laboratori, non mini-accademie con questo cartello o quello di “incubatori”.

Significa: come organizzare la politica?

Monti e Passera sono stati assediati dalle corporazioni nei corridoi del Parlamento: farmacisti, notai, tassisti… Non è stato Fort Alamo. Poveracci e sindacalisti hanno continuato a mettere in scena il solito casino quotidiano dietro le transenne di piazza Montecitorio: si prenotano e prenotano l’ora, credo ritirino lo scontrino come dal panettiere. Non bastano a se stessi. Non vanno a Lourdes né a Medjugorje. Il miracolo lo dovrà fare la politica. Ma anche il Dio dei miracoli, per manifestarsi, deve esistere. Tantonando. Provando e riprovando. Sempre vivendo a raffiche. Chi non risica non rosica…

Costruire un riformismo “plurale”: non è questo il “dovere dell’ora”?

O soltanto una disperata giaculatoria?

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