Perseverare diabolicum
Per nulla scoraggiato dal coro di “no” e di ni” fin qui ricevuti il prof. Dario Antiseri, con cocciutaggine degna di miglior causa, è tornato alla carica sul “Corriere della sera” del 20 luglio rilanciando la sua proposta di partito di cattolici, con una punta di ulteriore aggressività nei confronti di chi la pensa diversamente.
Per sostenere la sua tesi parte da un dato reale, che è la presenza massiccia delle “opere cattoliche” nella realtà italiana: l’elenco è lungo. “Sono 14.246 i servizi promossi dai cattolici nelle Regioni italiane e operanti nell’ambito sanitario e socio-assistenziale; 740.636 è il numero degli alunni che frequentano le scuole paritarie cattoliche; nel 2009 le 449 mense della Caritas hanno erogato circa sei milioni di pasti con una media di 16.514 pasti al giorno — media che si è sensibilmente innalzata negli anni successivi; 685 sono i servizi che operano in favore degli immigrati; 95 sono le fondazioni anti-usura; 371 i consultori familiari. E poi: i gruppi impegnati nell’assistenza domiciliare, gli oratori per la gioventù, la formazione professionale, le 354 case-famiglia, leorganizzazioni per la tutela sindacale e il lavoro minorile, il volontariato negli ospedali e nelle carceri, le 251 comunità per il reinserimento in società dei tossicodipendenti e i 366 centri per disabili, sacerdoti e suore che si prodigano contro i nuovi schiavisti della prostituzione, ed altri sacerdoti, come, per esempio don Luigi Ciotti e don Giacomo Panizza, coraggiosamente schierati contro la criminalità organizzata… Ecco, tutto questo, e non solo questo, costituisce una realtà imponente creata e sostenuta dalla generosità di laici e religiosi cattolici. Né va dimenticato il contributo in campo scolastico dell’editoria cattolica (basti qui menzionare La Scuola di Brescia e la S.E.I. di Torino) e, nell’ambito della ricerca e della formazione, dell’Università cattolica di Milano, così come in quello della informazione preziosissima resta la presenza di 189 periodici settimanali cattolici e delle 250 radio e televisioni cattoliche. Stando così le cose, come è possibile affermare ancora che in Italia i cattolici sono irrilevanti?”
Il fatto è che questo discorso dell’irrilevanza non lo ha mai fatto nessuno e, a dir la verità, che vi fosse una massiccia presenza caritativa, culturale ed educativa dei credenti nel nostro Paese era cosa ben nota e non c’era certo bisogno di Antiseri per venirlo a scoprire. Il fatto è che questa presenza non esprime una convergenza sostanziale su di un progetto politico, ed abbiamo il serio sospetto che se qualcuno andasse a chiedere a don Panizza e a don Ciotti se gli interessa un partito di cattolici la risposta non sarebbe affermativa.
La fondazione di un soggetto politico – di un partito- non nasce dall’elenco delle opere genericamente cattoliche esistenti sul territorio italiano: essa avrebbe senso nel momento in cui esistesse un progetto comune e, prima ancora, un pensiero politico comune sulla società, sull’economia, sulle istituzioni.
Sturzo, così spesso malamente evocato, aveva ben chiaro il problema, e fin dal 1905 definì i cattolico conservatori dei “fossili” da cui i democratico cristiani avrebbero dovuto separarsi quanto prima. All’atto della fondazione del PPI nel 1919 il prete calatino aveva ben chiaro come il neonato partito si portasse dietro molta zavorra di quel tipo, ma ritenne di poter guidare anche i reazionari in una prospettiva democratica attraverso la sua capacità di sintesi politica. Venne il fascismo, venne la mancanza di costanza di molti suoi alleati , venne soprattutto la ferrea determinazione di Pio XI di chiudere la questione romana a qualunque costo, e Sturzo fu costretto all’esilio, mentre il PPI subì una scissione a destra , venne delegittimato all’interno dello stesso movimento cattolico e alla fine fu sciolto da Mussolini insieme agli altri partiti antifascisti.
De Gasperi, dal canto suo, durò molta fatica a far accettare la DC come partito di raccolta dei cattolici di fronte ad una Gerarchia ecclesiastica il cui patologico anticomunismo inclinava fin dal 1946 a soluzioni di tipo franchista, fin quasi a forzare la mano allo statista trentino in occasione delle elezioni capitoline del 1951, senza tuttavia scalfirne la fede democratica.
Qualcosa del genere è oggi all’orizzonte? Suona abbastanza patetico l’appello di Antiseri ad alcuni dirigenti dell’associazionismo cattolico che chiama per nome affinchè “si affrettino a eleggere il loro generale e che, insieme a lui, riescano finalmente a dare vera ed efficace rappresentanza a un mondo cattolico privo da anni di riferimento politico.”
A parte che nessuno di quelli che lui nomina pare rientrare nella categoria del “capitano coraggioso”, visto l’atteggiamento a dir poco dimesso che mantennero negli anni berlusconiani , Antiseri dovrebbe sapere che un movimento allo stato nascente non elegge il suo capo, semmai lo riconosce, se è un vero capo: fu così per Sturzo, De Gasperi e tutti gli altri leader degni di questo nome. Il fatto che ci si ponga il problema di un’”elezione “ formale vuole solo dire che il leader non c’è, e quindi non può esserci nemmeno il partito.
La perseveranza è una bella cosa, caro professore, ma la saggezza dei popoli ci dice che la perseveranza nell’errore ha un che di diabolico.
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