Un testimone autentico della Parola

Si è guadagnato le aperture e i primi dieci minuti di tutti i Tg nazionali di oggi. Eppure ha fatto la scelta di ritirarsi in silenzio, come diceva lui, “nel bosco”, in attesa dell’abbraccio, temuto e desiderato insieme, con la morte. Carlo Maria Martini, gesuita, biblista, arcivescovo emerito di Milano, se ne è andato a 85 anni, fiaccato da quel morbo di Parkinson con cui ha dovuto convivere per più di 15 anni.

Non appena mi è giunta la notizia della morte del cardinal Martini, poco dopo le 16 di oggi, mi sono istintivamente affacciato dal mio ufficio guardando verso Gallarate, proprio dove si nota una sorta di fascio grigio chiaro scendere dalle nubi, e ho scattato questa foto. Mi è venuta in mente una frase del Vangelo: “Ci fu una nube che li avvolse e venne una voce dalla nube: «Questi è figlio mio, quello amato: ascoltatelo!» Mc 9,7.

Il cardinal Martini è un uomo che non ha lasciato indifferenti, ha segnato profondamente la storia della chiesa e della società ambrosiana degli ultimi 32 anni.

Leggendo i tanti commenti che si rincorrono sui social network e sui diversi mezzi di comunicazione, mi convinco sempre più di quanto abbia lasciato a Milano e ai milanesi questo sacerdote, apparentemente schivo e distaccato, ma capace di toccare il cuore e l’anima di cattolici e non.

Martini, quasi senza volerlo, si è caricato sulle spalle una città smarrita e le ha indicato la strada per un possibile riscatto. Ha attraversato gli anni bui del terrorismo, ha anticipato quasi profeticamente le crisi che oggi viviamo, ha indicato sempre e con coerenza una strada, quella della Parola di Dio, come riferimento per una lettura libera e profonda della realtà che ci circonda.

Impossibile riassumere in poche parole il suo ricchissimo magistero, basato su una profonda conoscenza biblica, attento alle sfumature più nascoste della realtà quotidiana e mai reticente nell’affrontare le domande più scomode e inquietanti.

Martini ha toccato nel profondo tutti coloro che hanno scelto di ascoltarlo e ha sempre indicato, attraverso il primato della Parola, la necessità di non fermarsi a certezze precostuite e di costruire giorno per giorno la propria strada per credere il Dio e negli uomini.

Martini ci ha aiutato a guardare il mondo con gli occhi di Dio, anche quando sembrava che Dio non parlasse o scomparisse in situazione difficili da accettare e da comprendere.

Martini ha saputo indicare l’essenziale, fin dalle sue due prime lettere pastorali “La dimensione contemplativa della vita” e “In principio la Parola”: sembravano lontane anni luce dall’indaffarata e frenetica Milano, ma conservano ancora oggi, a trent’anni di distanza, un’enorme carica di profezia e novità.

Martini ci ha aiutati a pensare e a credere, in modo mai scontato e sempre aperto all’ascolto umile e attento delle idee degli altri, anche (e soprattutto) se non la pensano come noi. Per creare quella convivialità delle differenze che ha sempre indicato come necessità della nostra società se non vuole spegnersi in sterili chiusure.

Martini ci ha insegnato l’obbedienza alla chiesa, la docilità alla parola e la libertà nelle relazioni, suggerendoci e testimoniando uno stile che trova efficace sintesi in una sua espressione riferita alla chiesa “lieta, coraggiosa, leggera e anima della società“, ma efficacissima anche per il cristiano nel mondo.

Martini ci ha consegnato se stesso attraverso un amore per la Parola che lo ha portato ad andare al di là di quello che poteva sembrare conveniente e opportuno per aprirsi davvero alla perenne novità del Vangelo.

In queste mie sommarie considerazioni ho volutamente usato la prima persona plurale perché sento di aver condiviso con molti il cammino accanto a Martini. Lui stesso, d’altronde, ci ha sempre indicato nella dimensione comunitaria l’unica strada possibile per l’ascolto della Parola e per la testimonianza del Vangelo.

Speriamo di esserne degni.

 

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