L’ecologia è la questione del secolo

La nostra Costituzione è formidabile. «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», così recita il lungimirante articolo 9 che trova poche analogie con altre Carte. Esprime, in sintesi, quei valori che tra loro combinati, sono oggi cruciali per lo sviluppo di una società postindustriale e globalizzata come quella odierna. In particolare mi pare rilevante la tutela del paesaggio; i costituenti avevano colto che il nostro patrimonio di bellezze naturali e artistiche era di tale rilevanza da doverne dare rilievo costituzionale per assicurarne la tutela per le future generazioni. Oggi questo passaggio pare ancor più attuale, tale forse da meritare di essere riformulato. Provo a spiegarmi. L’ecologia è la questione del secolo; in questi tempi di grave crisi si invoca la “crescita economica” come antidoto ma è evidente che ormai è necessario ripensare i modelli di sviluppo dato che le risorse ambientali non sono infinite. I fatti vanno già in questa direzione.

La crescita non deriverà più tanto da processi produttivi per l’accumulazione di beni e consumi, bensì di trasformazione e rigenerazione. Lo sviluppo sostenibile, l’ecologia, costringe l’economia una ridefinizione di senso. Sono due facce della stessa medaglia, la radice “eco” richiama quella greca “oikos” ovvero alla casa con i suoi abitanti. Il binomio ecologia-economia comporta la ridefinizione: dei sistemi di trasporto, dei modelli urbanistici e di architettura, dell’agricoltura, dei materiali e dei processi produttivi. Vuol dire avere più cura delle fonti idriche, favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili e altro ancora. Insomma, la parola chiave di tutto è “sostenibilità” che comporterà un ciclo di cambiamenti coinvolgendo la ricerca scientifica e tecnica. È anche, primariamente, una rivoluzione culturale in quanto comporta la consapevolezza nei cittadini della necessità di stili di vita più sobri. Il nostro Paese, che deve trovare una nuova identità economica, potrebbe divenire un esempio di un virtuoso sistema di sviluppo tra le opere dell’ingegno umano e l’ambiente.

Ma c’è ancora un di più di senso. Recentemente, dalle pagine di Avvenire, Enzo Bianchi ha riproposto le ragioni teologiche che portano a definire l’ecologia questione cattolica cruciale. La Terra è parte del creato che è stato affidato alla custodia dell’uomo. La sua salvaguardia è una esigenza profondamente biblica; da essa derivano la giustizia e la pace. E nell’enciclica Caritas in veritate, Papa Benedetto XVI corona la riflessione su questo tema dando il giusto posto all’ecologia ambientale in rapporto a quella umana. Questa è, dunque, la frontiera certa di un nuovo e più intenso impegno morale e culturale, ma anche economico e politico. Se tutto ciò ha senso, allora il passaggio «..la tutela del paesaggio..» potrebbe essere attualizzato. Sino a esplicitare l’impegno della Repubblica per la tutela dell’ambiente e per la promozione di uno sviluppo sostenibile in quanto strettamente connessi ai diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) e al lavoro (art.1). Il caso Ilva evidenzia gli effetti nefasti derivanti dalla loro scissione. La Costituzione può esprimere, come principio giuridico, quella cultura che si sta scolpendo virtuosamente nella coscienza degli italiani.

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