La schiavitù dilagante nel lavoro come problema politico

Quando parliamo di lavoro oggi, troppo spesso ignoriamo o dimentichiamo che in alcune parti del mondo ciò che dovrebbe dare sostentamento, realizzazione e dignità all’uomo, si indentifica invece con una realtà che logora l’esistenza, che sfrutta e mortifica la persona, fino a toglierle tutto, in troppi casi anche la vita. La schiavitù moderna esiste e anche se pronunciando questa parola ci viene in mente qualcosa che immaginiamo possa appartenere solo al passato, in realtà la schiavitù continua ad esistere e dobbiamo sentircene tutti responsabili. Dietro molte delle cose che compriamo, dagli alimenti all’abbigliamento, dalle attrezzature sportive ai nostri sofisticati strumenti elettronici, si nasconde spesso uno sfruttamento enorme: milioni di lavoratori-schiavi che hanno contribuito a fabbricare le cose che possiamo trovare nei nostri cassetti, sulle nostre scrivanie e in moltissimi prodotti che fanno parte della vita quotidiana. Molte lavoratrici e lavoratori oggi, nel mondo, sono obbligati a lavorare sotto minacce fisiche o psicologiche, controllati dai datori di lavoro per mezzo di maltrattamenti o da minacce di tali maltrattamenti. Vengono privati della loro dignità umana, trattati come un oggetto o comprati e venduti come una proprietà privata, fisicamente limitati o con una libertà di movimento limitata. Le forme in cui la schiavitù si declina nel mondo moderno, sono diverse e tutte aberranti e inaccettabili. Esiste una forma di schiavitù per debito, esseri umani che diventano lavoratori per debito, e che si ritrovano costretti a lavorare moltissime ore al giorno, sette giorni a settimana. Essi non potranno mai estinguere il debito, che può essere trasmesso a varie generazioni successive.

Pensiamo poi alle forme di lavoro minorile che riguardano moltissimi bambini costretti a lavorare in condizioni di pericolo o sfruttamento: milioni di bambini nel mondo oggi lavorano a tempo pieno, privati dei loro diritti, dell’istruzione, di una vita normale, del gioco. E ci deve indignare anche quello che viene definito lo sfruttamento commerciale di esseri umani, che vengono usati appunto per il loro valore economico, spesso rapiti, comprati o spinti ad entrare nel mercato della prostituzione. Parliamo della tratta di donne e bambini costretti con la forza o con l’inganno e finalizzata al guadagno economico. E poi c’è anche la cosiddetta schiavitù-merce, che comprende la compravendita degli esseri umani, che sono spesso rapiti dalle loro case, ereditati o regalati. La schiavitù esiste dunque oggi, nonostante sia proibita dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e sia vietata nella maggior parte dei paesi dove viene praticata, esiste ed è purtroppo una realtà ancora presente nei Paesi in via di sviluppo e non solo, come pratica abitudinaria da parte di numerose multinazionali al fine di ottenere il massimo guadagno e rendimento produttivo, a costo zero per i loro bilanci economici, anche a costo della vita di centinaia di adulti e bambini in tutto il mondo, costretti a lavorare in condizioni disumane per soddisfare ogni bisogno consumistico dei Paesi industrializzati. E questo accade nelle piantagioni di tabacco in cui operano molte multinazionali famose, in cui viene utilizzato per l’ intero giorno il lavoro dei minori o dei migranti costretti a vivere come schiavi; nelle piantagioni di cotone del Burkina Faso o dell’Uzbekistan, dove sono le donne ad essere schiave; oppure nei sotterranei in cui viene praticato lo schiavismo della manifattura cinese, costituita da donne e minori che lavorano anche 15 ore al giorno. E purtroppo non occorre andare neanche molto lontano, lo schiavismo non è assente nemmeno nel nostro Paese: nel mezzogiorno infatti la raccolta delle arance o dei pomodori, destinata alla produzione di prodotti dai marchi molto noti, avviene in condizioni di schiavitù per mano di migranti provenienti dall’Africa, spesso dopo aver raggiunto le coste italiane a seguito di terribili traversate in mare, per loro unica speranza di sopravvivenza.

Non si può continuare dunque ad essere complici, spesso a nostra insaputa e per carenza di informazione, di una realtà che dovrebbe essere ormai scomparsa e che ci deve porre invece interrogativi profondi. Il lavoro schiavo esiste e occorre impegnarsi tutti affinché venga restituita dignità ad ogni lavoratore, garantita uguaglianza e sicurezza sui luoghi di lavoro, in ogni parte del mondo.

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