Berlinguer, fra nostalgia e gratitudine
Malinconia e affetto. E commozione, ovviamente. Sono questi i sentimenti che mi hanno preso durante la visione del film “Quando c’era Berlinguer”, di Walter Veltroni. Un film da vedere e da gustare, ognuno secondo la propria storia personale di quegli anni, e dedicato soprattutto alle giovani generazioni.
Una operazione culturale importante, perché – come si sa – la memoria è un fondamento irrinunciabile per ogni impegno politico e per ogni azione di cittadinanza attiva e consapevole.
Nei commenti apparsi prima che la pellicola arrivasse nelle sale mi aveva colpito il coro di consensi che si era levato nei confronti di una figura forte e controversa come Enrico Berlinguer, trattato rudemente mentre era in vita e “riscoperto” dopo tanti anni e tante disavventure politiche del nostro sbilenco Paese. Dove erano tutti questi “laudatores” quando il segretario del Pci proponeva una “austerità per cambiare”? Se penso alle reazioni scomposte dei partiti che pure vantavano salde “radici popolari”…
E che dire della prospettiva di “compromesso storico”? Quante distorsioni e semplificazioni furbe e in malafede! Eppure bastava guardare non solo al Cile di Allende e a quell’11 settembre 1973, ma anche a quello che era avvenuto e ancora avveniva attorno a noi in Europa: il Portogallo che usciva faticosamente dalla dittatura di Salazar, la Grecia stuprata dai colonnelli, la Spagna di Francisco Franco… Un’Europa dei confini e dei passaporti, dei sospetti e delle complicità oscure…
Sono stato berlingueriano, perché ritenevo che quelle idee, quelle novità permettessero di lottare contro gli imperialismi (tutti) e di schierarsi contro l’apartheid in Sudafrica e Pol Pot, le trame neofasciste e la violenza delle Brigate Rosse, i piani di Gladio e quelli della P2; così come avevamo già imparato a piangere nello stesso anno personaggi diversi come Robert Kennedy e Ian Palach.
Quella politica non ce la fece a decollare; altre stagioni abbiamo vissuto. E dentro di noi rimangono appunto la nostalgia e l’affetto, oltre alla voglia di non ammainare le bandiere della moralità e dell’impegno politico e civile. Grazie, Walter.
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