Quando provocare conta più che ascoltare
C’era grande attesa a Milano per il discorso di Sant’Ambrogio del cardinal Tettamanzi. Un appuntamento ormai rituale che in questo 2009 poteva assumere significati particolari, soprattutto per il ruolo che è stato assegnato negli ultimi mesi all’Arcivescovo di Milano, ovvero quello di una sorta di coscienza critica (forse l’unica) della città.
Le recenti polemiche sul referendum svizzero, rilanciate in modo piuttosto impertinente anche dalla copertina di Panorama che presentava un Duomo di Milano con la mezzaluna islamica a sostituire la Madonnina, facevano pensare che il cardinal Tettamanzi potesse dedicare proprio al rapporto con l’Islam il suo discorso.
Che fare, allora, per ingannare l’attesa e tentare di non essere colti di sorpresa?
Semplice: giocare d’anticipo e tentare di imporre le regole del gioco, ovvero una sorta di chiave interpretativa a priori del discorso dell’Arcivescovo.
Con queste premesse, risulta un po’ meno incomprensibile quanto accaduto appena prima e appena dopo il discorso. Protagonista assoluta, innegabilmente efficace, la Lega Nord.
Il primo ad entrare in scena è l’europarlamentare Matteo Salvini che poche ore prima del discorso si affretta ad annunciare la raccolta di firme per un referendum sui minareti e lancia una sorta di sfida al cardinal Tettamanzi mettendo bene in chiaro che la gente non vuol sentir parlare di aperture o atteggiamenti comprensivi nei confronti dell’Islam.
Dopo il discorso, tocca al ministro Calderoli precisare che la gente è contro l’imam Tettamanzi paragonando la sua presenza a Milano a quella di un mafioso in Sicilia.
Qualsiasi riferimento ai contenuti del discorso di Sant’Ambrogio è volutamente e accuratamente evitato con l’obiettivo di far sì che non ci si occupi di quanto detto dall’Arcivescovo, ma si metta in atto una sorta di processo nei suoi confronti. Prova ne sia il riferimento del ministro Calderoli al silenzio di Tettamanzi sul crocifisso, cui invece il Cardinale ha dedicato largo spazio nella parte finale del suo discorso.
L’obiettivo della strategia leghista è stato in larga parte raggiunto: più che parlare di quanto detto dall’Arcivescovo, i giornali si sono concentrati sul suo rapporto con i lumbard.
Morale della favola: ormai conta più comunicare, possibilmente in maniera provocatoria e spregiudicata, che ascoltare quanto viene detto e confrontarsi sui contenuti.
Ci si consenta di dire che non è un bel segnale per la nostra politica e la nostra informazione.
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