Italicum: qualche luce sul merito, troppe ombre sul metodo

A guardarla bene, un po’ più da vicino, la nuova legge elettorale non è poi tutta da buttar via come, con una certa dose di esagerazione, affermano i suoi numerosi oppositori, quando parlano addirittura di fine della democrazia. Dopo le correzioni con la soglia portata da un incomprensibile 37,5 ad un più logico 40 per cento e dopo la definizione di un’unica soglia di sbarramento fissata al 3 per cento, l’Italicum ha conseguito un assetto quantomeno accettabile. Certo, ci sono ancora parecchi difetti sui quali sarebbe stato doveroso intervenire invece che procedere a colpi di fiducia, ma alcune cose paiono acquisite.

Intanto con l’Italicum viene assicurata una certa governabilità con maggioranze stabili e coese, in grado di assicurare in tempi rapidi la formazione di un esecutivo messo in condizione di guidare il Paese. A molti questo aspetto sembra qualcosa di accessorio ma, in realtà, è molto importante perchè, più che mai, oggi è indispensabile disporre di un buon grado efficienza decisionale, altrimenti di fronte alla celerità con cui opera il mondo dell’economia e della finanza parlare di primato della politica diventa puramente velleitario. Ben venga allora un sistema nel quale già la sera del primo turno o al massimo del ballottaggio si conosce il vincitore, ovvero la formazione chiamata al governo per l’intera legislatura.

Grande chiarezza dunque senza spazio alcuno per quelle manovre di corridoio che tanto contribuirono a mandare a fondo la Prima repubblica basata sul proporzionale puro. Adesso sono gli elettori a decidere a chi affidare le redini del governo. Ma non vi è solo la governabilità e la base proporzionale della legge permette anche una buona rappresentatività del corpo elettorale, consentendo l’ingresso in Parlamento di tutte le forze che superano il 3 per cento. Non si hanno dunque quelle inaccettabili distorsioni provocate dal maggioritario come accade in Gran Bretagna o in Francia, ove i liberali o il Fronte nazionale non dispongono di una rappresentanza correlata ai voti ricevuti.

Tutto bene, dunque. No, neanche per sogno. Intanto nonostante le correzioni apportate in corso d’opera restano ancora cento capilista bloccati per ogni partito in altrettante circoscrizioni. Questo significa che almeno il 60 per cento dei parlamentari sarà nominata dai capi partito. Risulta davvero sconcertante l’atteggiamento della classe politica che, di fronte alle reiterate richieste di una maggior partecipazione popolare (di cui la scelta dei rappresentanti è il dato più emblematico), risponde ancora una volta con le liste decise dall’alto. E lo fa con un meccanismo a serio rischio di incostituzionalità in quanto gli elettori dei partiti più piccoli non sono messi in condizione di scegliere i propri rappresentanti poiché, disponendo di pochi voti, queste formazioni riusciranno a portare alla Camera solo i capilista nominati. Soltanto nei partiti più grandi, che in ogni circoscrizione eleggono più deputati, la preferenza, ammessa dopo il capolista bloccato, a favore dei nomi successivi potrà dispiegare tutti i suoi effetti. Un’irragionevole disparità che viola il generale principio di eguaglianza dei cittadini di fronte al voto.

Il secondo punto negativo sono le candidature multiple. L’Italicum le ammette addirittura in dieci circoscrizioni con il risultato che il leader del partito (perchè solo a questi sarà permesso di cumulare più collegi) lasciando poi il posto al secondo in lista, favorirà ancora una volta i più fedeli. D’altronde i deputati con le liste bloccate sono debitori a chi gli ha messi in lista e dunque un Parlamento fondato su questa logica rischia di essere un’assemblea di comprimari basata sulla fedeltà al capo piuttosto che sul legame con gli elettori.

In definitiva siamo di fronte ad una legge elettorale con luci ed ombre, di cui però il limite più grande, ancor più del merito, risulta essere il metodo con cui è giunta in porto. Le regole, e la legge elettorale è tra queste, devono sempre essere votate da maggioranza ed opposizione. Invece l’opposizione è salita sull’Aventino e il partito di maggioranza si è addirittura spaccato. Per conseguire l’obiettivo si è guardato solo al mezzo con cui raggiungerlo. Il fine giustifica il mezzo affermava un fiorentino di ieri; Lezione fatta propria da un fiorentino di oggi, dimenticando che, a certi livelli e su certe questioni, il mezzo influisce anche sul fine, lo condiziona, lo rende irrimediabilmente più debole e, purtroppo, anche meno legittimo.

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