Unioni civili: no alle adozioni per le coppie gay

La legge sulle unioni civili sta entrando nelle sue battute decisive. Dopo decenni di contrapposizioni, pare ormai esservi il giusto clima per approdare ad una soluzione ragionevole della questione. Quello che purtroppo emerge, proprio in dirittura di arrivo è però una sostanziale, e a nostro avviso irresponsabile, rigidità di fronte al grande problema dell’adozione dei figli da parte delle coppie gay, la famosa (o famigerata) stepchild adoption.

Sembra incredibile ma in certi settori progressisti – che del progresso hanno evidentemente una visione del tutto distorta – non si vuole proprio comprendere che un figlio ha diritto ad avere una famiglia composta da un padre e una madre, rispettando il dettato naturale di quel magnifico atto di amore tra un uomo e una donna che è la nascita di un bambino. Un modello che va riprodotto anche nel caso delle adozioni, perchè qualsiasi altra forma risulta una forzatura.

Vien detto che, in Europa, altre legislazioni ammettono le adozioni da parte delle coppie omosessuali. E’ vero, ma il fatto che una maggioranza di altri Paesi percorra una certa strada non rende la scelta eticamente accettabile. Le questioni etiche non si risolvono col criterio maggioritario. Accogliere questo genere di adozioni è sbagliato alla radice, poiché rischia di aprire, prima o poi, la via all’utero in affitto; abominevole pratica che spezza il naturale legame tra madre e figlio, mercificando il corpo della donna nella pretesa di disporre del bambino come fosse un oggetto.

Quanta leggerezza si vede in giro. Negli ambienti laicisti nemmeno ci si interroga su quali ricadute psicologiche possano ingenerarsi in un bambino adottato da due uomini, obbligato a vivere in un contesto tanto lontano dal normale modello naturale della mamma e del papà. E’ davvero sorprendente questa totale insensibilità verso problematiche delicate e complesse, che investono la natura profonda dell’essere umano.

Tutto questo – beninteso – non significa contrastare qualsiasi progetto che voglia regolare le unioni civili. Siamo l’unico Paese in Europa a non avere una normativa in materia, fanalino di coda nel non aver saputo tutelare situazioni di fatto, certo ben diverse dalla famiglia, ma ugualmente meritevoli di qualche protezione. Si tratta di riconoscere un corpo di diritti – dall’assistenza, all’eredità, alla reversibilità pensionistica – per proteggere queste cellule affettive, non come famiglia ma in quanto formazioni sociali in cui si svolge la personalità umana, in linea con quanto affermato dall’art.2 della Costituzione.

Per il resto, ossia per quanto riguarda i figli bisogna invece fermarsi. Qualsiasi riflessione sulla famiglia va improntata sulla diversità sessuale, uomo-donna, nel segno della sua potenziale finalità procreativa. Come ha evidenziato l’ex presidente della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick, “per una volta l’avere dovrebbe prevalete sull’essere. Deve essere prevalente il diritto del minore ad avere dei genitori, piuttosto che il diritto di due adulti ad essere genitori”.

Qui non sono in gioco le qualità delle singole persone, che aspirano a diventare genitori, ma la protezione della parte più debole che è il figlio, nel suo diritto – ontologico – a crescere con un padre e una madre. Questa è la sola cosa che conta.

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