Economia di Comunione, dall’intuizione di Chiara Lubich alla realtà di oggi
Quest’anno decorre il venticinquennale dell’intuizione di Chiara Lubich conosciuta come “Economia di Comunione”. La Lubich, figura dalla spiritualità carismatica, “non era un’economista”, come ricorda spesso il professor Luigino Bruni (in questo progetto economico e sociale, per molti anni collaboratore della fondatrice del Movimento dei Focolari, scomparsa nel 2008, ed oggi uno dei suoi principali esponenti culturali), ma trovandosi a sorvolare la città di San Paolo in Brasile, per un tempo più lungo dell’abituale, a causa di un disguido del volo di linea, ed osservandone le numerose favelas che la circondano (ancora oggi) “come una corona di spine”, e si susseguono anche al suo interno, alternandosi senza netti confini a grattacieli e zone di benessere, ebbe l’intuizione, poi confermata dalla sua permanenza nel paese, che si dovesse tentare di risolvere la povertà di quante più persone possibile partendo dalle imprese produttive. Se è comprensibile la sua sensibilità verso i poveri, per i quali Chiara si adoperò fin dai primi tempi del suo movimento, arrivando a sostenerne circa cinquecento a Trento, negli anni della Seconda guerra mondiale, certamente fu inusuale che avesse l’idea di proporre un tentativo di soluzione, partendo dal lavoro e dall’imprenditoria. L’Economia di Comunione, spesso abbreviata in Edc, promuove aziende attive nei normali mercati; in linea di massima i soci non sono solo di capitale, ma sono anche operativi; vengono condotte da imprenditori competenti e attenti a produrre in maniera legale ed ecologica; spesso hanno maestranze coinvolte e consapevoli; e i cui utili hanno una particolare destinazione: un terzo per gli investimenti aziendali, un terzo per la formazione di giovani e un terzo ai poveri; in sintesi: lavoro, formazione e solidarietà.
Oggi, nel mondo, le aziende dell’“Economia di comunione” sono circa un migliaio; in molti stati esistono associazioni di incontro tra gli imprenditori che vi aderiscono (in Italia c’è stata la prima in ordine di tempo, l’Aipec); molte sono le tesi universitarie, gli studi e i corsi di formazione.
Inoltre, a Loppiano, nei pressi di Firenze, esiste la “Scuola di economia civile”, la cui fondazione parte dall’intuizione dell’Edc, e che ha tra i suoi promotori il professore bolognese Stefano Zamagni. E’ nata per diffondere una cultura economica con “al centro” la persona. Come Zamagni sempre precisa, l’individuo è un essere “solo”, che si trova immerso in un mondo disegnato a misura di coloro che lo considerano semplicemente uno dei tanti elementi che compongono uno scenario, il cui unico obiettivo è il guadagno (di pochi, di quell’uno per cento della popolazione che possiede il 90 per cento delle ricchezze mondiali); la persona è, invece, un essere umano, dotato di dignità, che vive di relazioni “interpersonali” e dei cui bisogni si deve occupare un’economia che sia effettivamente civile.
Verso la fine della sua avventura terrena, Chiara Lubich, il cui processo di beatificazione è stato avviato nel gennaio 2015 a Frascati, diocesi ove risiedette nei suoi ultimi anni di vita, ebbe due grandi intuizioni sociali: l’economia di comunione e il movimento politico per l’unità, offrendo così un’ originale ed attuale visione di due dei tre grandi principi che sono a base delle moderne società, l’uguaglianza (che sottende all’Edc) e la fraternità (che deve stare alla base di qualsiasi azione politica). E la libertà? A ciascuno la libera scelta di aderire o meno a questi o a simili progetti.
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