Vince Brexit: Gran Bretagna fuori dall’Unione
Adesso è proprio finita: la Gran Bretagna è fuori dall’Unione europea. La famosa, o famigerata, Brexit si è materializzata nelle prime ore dell’alba, con i conteggi definitivi di un referendum che ha visto prevalere i contrari all’Unione per poco più di un milione di voti (17 milioni contro 15,8).
Da oggi si apre una nuova fase: quella di un’Unione senza la Gran Bretagna e, per molti versi, anche quella di un’Europa senza Londra. A pensarci, si è pervasi da una certa tristezza. Un vuoto che crea un po’ di sconcerto perchè, in fondo, come europei ci sentiamo tutti un po’ più soli. Certo, la Gran Bretagna da anni manifestava irrequietezza rispetto all’Unione, ed è chiaro che non voleva condividere legami più stretti, a cominciare dall’integrazione monetaria, sempre rifiutata. Eppure sino a ieri pensavamo, e speravamo, che non si arrivasse a quella che il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, ha definito una decisione irreversibile.
E forse non è davvero esagerato dire che è così, anche se, pensando ad un voto che ha spaccato il Paese, con i giovani che a larga maggioranza favorevoli all’Unione, si può anche pensare che possa, tra qualche tempo, farsi spazio qualche ripensamento. Intanto va per ora rilevato che se le giovani generazioni erano per l’Unione, il voto dei più anziani è stato in maggioranza per l’uscita. Una spaccatura non solo anagrafica ma anche geografica: a favore della permanenza si sono dette Londra, la Scozia e l’Irlanda del Nord; contrarie l’Inghilterra rurale e il Galles.
Il premier conservatore David Cameron, dopo aver appreso il risultato, ha annunciato le dimissioni. Inevitabili perchè, dopo mesi in cui si è molto speso per l’Unione, si vede apertamente sconfessato. Eppure in questa vicenda, dove populismo e demagogia hanno purtroppo avuto la meglio su un minimo di razionalità, emergono, forti come non mai, le sue responsabilità. Lo scorso anno, pur di vincere le elezioni, Cameron si impegnò ad indire un referendum sulla permanenza nell’Unione, pensando probabilmente di riuscire a dominare il processo che si stava mettendo in moto. La cosa gli è invece sfuggita di mano ed oggi si trova nelle condizioni di un apprendista stregone che ha evocato forze che lo stanno travolgendo. E, quel che è peggio, stanno travolgendo la Gran Bretagna. Quale leggerezza e quale temerarietà.
Siamo davvero antipodi dal realismo europeista di cui diedero prova altri premier conservatori del passato, da Winston Churchill ad Harold Mac Millan (che nel 1961 chiese, per la prima volta, l’ingresso di Londra nella Cee) a Edward Heath (capo del governo quando l’Inghilterra aderì al Mercato comune). Grande anche la distanza di Cameron da Margareth Thatcher che, anche quando condusse dure battaglie in nome delle specificità britanniche, mai volle rischiare apertamente la rottura finale.
Adesso, ad urne ormai chiuse, comincia una nuova pagina nella vicenda europea. Esultano in ogni parte del continente tutte le forze euroscettiche che sperano in un “effetto domino” volto a travolgere l’intero edificio comunitario. Che non si illudano troppo. Proprio la clamorosa defezione britannica sarà invece – lo crediamo fermamente – la molla per uno scatto in avanti verso una maggior integrazione. E’ il momento per i Paesi dell’euro di fare il decisivo salto di qualità – tra bilancio, mercato del lavoro, unione bancaria e fiscale – per costruire la nuova Europa di domani.
E in questa futura Europa la mancanza della Gran Bretagna è motivo di profondo rammarico perchè stiamo parlando di un Paese la cui storia è intrecciata in modo indiscusso a quella del vecchio continente. Torna alla mente l’eroica resistenza contro il nazismo nel 1940, quando l’intera Europa era occupata dalle armate di Hitler. In quel frangente Londra rappresentò l’unica isola di libertà – è proprio il caso di dirlo – in un universo totalitario.
Forse qualcuno ha fatto credere che l’universo totalitario dei nostri giorni fosse rappresentato dall’Unione europea, in un clamoroso abbaglio figlio della peggior demagogia. Un rovesciamento della realtà che finirà per danneggiare soprattutto – e ce ne dispiace – il popolo britannico. Un popolo cui sempre andrà la nostra riconoscenza per il coraggio mostrato in piena guerra mondiale, quando divenne l’emblema del mondo libero contro la tirannia.
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