Il muto urlo dei poveri
Oggi è più che mai così: “L’uomo detiene nelle proprie mani il potere di abolire tutte le forme di povertà umana ma anche quello di sopprimere tutte le forme di vita umana.. Una società libera che non è in grado di aiutare i molti che sono poveri non riuscirà mai a salvare i pochi che sono ricchi ” (J.F. Kennedy). Il muto urlo dei poveri è lacerante e non possiamo continuare a tapparci le orecchie con gli euro e chiuderci gli occhi con i dollari per non sentire e vedere. Quotidianamente la cronaca ci frusta con tante catastrofi umane e follie che alimentano populismi rivoltosi. Sbigottiti, impauriti e depressi non viviamo con speranza il futuro. Le cause principali derivano dalle profonde disuguaglianze che suscitano i più disperati e disparati tentativi di ribellione alla cattiva sorte.
Eppure nel mondo vi sono enormi ricchezze di capitali e mezzi, ma sono in pochi a beneficiarne. Ma la ricchezza e il progresso hanno senso se si diffondono sennò divengono iniquità. A questo dovrebbe rimediare la politica, la democrazia e l’economia che ha la sua radice nel noi e non nell’io. La politica oggi però è ancillare ai forti poteri economici finanziari speculativi, alle big corporation che ne condizionano pensieri e azioni. Certo le piccole imprese devono fare sistema e aggregarsi per reggere l’urto della globalizzazione ma è anche vero che l’eccesso di concentrazione in pochi grandi player internazionali uccide la libertà di concorrenza cioè la democrazia economica. Le società non sono solo mercati e i cittadini non sono consumatori e clienti.
Per evitare l’esplosione di conflitti devastanti urge che la politica riprenda la guida d’indirizzo delle comunità. A troppi manca il lavoro per vivere con dignità. E se è vero che il progresso tecnologico porta riduzione dei posti di lavoro ebbene bisognerà discuterne perché è certo che il capitale umano deve prevalere sulla tecnologia. In questa grave lesione del diritto all’esistenza, i cittadini devono evitare il rischio della guerra fra poveri ed essere uniti e solidali per chiedere che la ricchezza prodotta torni ad essere distribuita con equità. I ricchi devono comprendere che la misura delle loro possibilità di godere dei benefici dei loro patrimoni è correlata al benessere sociale che il loro capitale deve produrre per tutti . Vi sono settori delle società ove poche centinaia di migliaia di cittadini percepiscono compensi e introiti insensati. Le proprietà di pochi non possono essere illimitate dinnanzi alle povertà di tanti. Conviene a tutti trovare soluzioni a queste inique situazioni per evitare drammatiche rese dei conti sociali. In realtà sono i poveri che salvano i ricchi.
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