Referendum costituzionale e priorità del Paese, un triplice auspicio
Il referendum costituzionale che si dovrà tenere il prossimo autunno, ha assunto un significato che travalica di gran lunga il suo mero effetto giuridico. Su tale scadenza si concentrano attese e timori anche fuori dai confini nazionali; costituirebbe un errore trasformarla in uno scontro che lacera un Paese alle prese con emergenze di ogni tipo, cui si è aggiunta quella della ricostruzione delle zone terremotate del Centro Italia e della messa in sicurezza degli edifici che riguarda quasi la metà della popolazione italiana.
Avendo, dunque, di mira il bene comune, credo si possa formulare un triplice auspicio per rendere il dibattito sul referendum una grande occasione di esercizio della democrazia e della partecipazione anziché uno sterile posizionamento su uno dei due fronti.
Il primo auspicio è che il confronto possa caratterizzarsi maggiormente sugli effetti concreti della riforma sul piano dell’equilibrio fra i poteri, dell’iter di formazione delle leggi, del rapporto tra Stato ed Enti Locali. Una riforma che non può essere pertanto demonizzata a priori da quanti vi si oppongono ed allo stesso tempo, sul lato opposto, che necessita di essere in qualche modo demitizzata e considerata per i precisi ambiti su cui potrà avere degli effetti. Quella che sarà la data di questa consultazione non sarà il giorno del giudizio: il giorno dopo il sole continuerà a sorgere su un Paese stremato da una crisi che si protrae ormai da otto anni.
Il secondo auspicio è che il confronto sulla riforma costituzionale avvenga nella consapevolezza della grave congiuntura che sta attraversando non solo il nostro Paese bensì l’intera Europa, causata da politiche economiche che si sono dimostrate inadeguate e da scelte geopolitiche che hanno surriscaldato le regioni limitrofe al nostro continente, innescando guerre ed accrescendo, con i profughi di guerra, i già consistenti flussi migratori.
Quando la casa sta bruciando sono più urgenti i pompieri dell’architetto. Anche la discussione sulla nuova architettura costituzionale non può prescindere da questo dato. Perché è così che il Paese reale la intende. In questi anni infatti sono bruciati posti di lavoro ed attività produttive, che non torneranno più ai livelli pre-crisi, sono bruciati risparmi e proprietà delle famiglie per mantenere livelli di vita decorosi, per integrare il calo dei salari, la precarizzazione del lavoro ed i tagli delle prestazioni sociali. I ceti lavoratori hanno affrontato come hanno potuto gli effetti deflattivi delle politiche di austerità. Ma la prosecuzione di questo quadro caratterizzato da stagnazione dei consumi, eccessivo orientamento all’export con una competitività che viene ritagliata abbassando tutele e salari, disoccupazione da record, non può più reggere a lungo. L’Europa, insieme agli Stati Uniti, è scossa dal dilagare dei populismi che suscitano forte preoccupazione. I cittadini chiedono alle forze democratiche delle risposte su tali priorità, non delle dissertazioni da politologi o da costituzionalisti, che pure sono rilevanti nel loro ambito specifico. Dunque, i temi del referendum vanno coniugati con la consapevolezza del profondo stato di crisi e di preoccupazione per il futuro che riguarda almeno i due terzi del corpo elettorale.
Il terzo auspicio è che anche il cattolicesimo sociale e politico si mostri all’altezza di questa sfida, privilegiando le occasioni di dialogo, di contatto con i cittadini, con il reale tessuto sociale, sofferente e disorientato come non mai, rispetto ad un propaganda fuori luogo per il No o per il Sì. È una cosa che già sta avvenendo a testimonianza di una maturità e di un radicamento nel Paese che rende il cattolicesimo sociale un baluardo della rappresentanza popolare. In questo filone si inscrive anche la variegata esperienza del cattolicesimo democratico che dopo aver difeso a lungo le ragioni del pluralismo politico dei cattolici trova in questo referendum una importante occasione per ribadire l’autonomia dai partiti e dagli schieramenti.
Un orientamento che si sta manifestando anche nelle maggiori organizzazioni di ispirazione cristiana sui territori dove si registrano già molte iniziative sul referendum volte all’informazione ed alla formazione di un giudizio personale ragionato e consapevole da parte dei singoli cittadini, anziché a dare indicazioni di voto per il Sì o per il No.
Sono segnali da valutare con attenzione. E sono le ragioni che consigliano di operare in favore di una pedagogia popolare, di un impegno diffuso a livello nazionale e locale a creare occasioni di informazione, di partecipazione e di dibattito sulla riforma costituzionale su cui i cittadini saranno chiamati ad esprimersi con la loro scelta libera e consapevole.
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