Emergenza terremoti: la risposta pubblica, non quella dei banchieri

Il forte terremoto del 30 ottobre scorso che ha devastato Norcia e vaste zone dell’Italia Centrale ci costringerà a cambiare profondamente i nostri criteri di valutazione, se vogliamo che il Paese possa reperire mezzi adeguati ad affrontare la gravissima emergenza di una ondata di eventi sismici iniziata il 24 agosto scorso con la distruzione di Amatrice, e di cui non si può conoscere la fine. Città e borghi riportano danni come se avessero subito bombardamenti, gli sfollati si contano a decine di migliaia, come in una guerra.

L’eccezionalità della situazione che si sta creando in Italia, è tale da rendere ancor più evidenti le lacune dei capisaldi delle politiche monetarie europee da Maastricht in avanti. Il presidente del consiglio Renzi ha dimostrato di avvertire questo stato di eccezionalità e nelle reazioni a caldo dopo il sisma che ha fatto crollare la basilica di San Benedetto a Norcia, ha fatto delle affermazioni di notevole interesse.

«Tutto quello che serve per la ricostruzione – ha dichiarato Matteo Renzi il 30 ottobre scorso – lo prenderemo: le risorse ci sono già e se ci sarà l’esigenza di allargare le condizioni economiche siamo in grado di farlo, l’Italia non lesinerà sulla ricostruzione di questa zona del Paese – ha aggiunto Renzi – .Tutte le risorse necessarie noi le abbiamo a disposizione, abbiamo spazio per poterle prendere nel bilancio e non abbiamo nessun tipo di riguardo per le regole tecnocratiche che negherebbero l’idea stessa di identità del Paese e del territorio».

Se il governo agirà in modo coerente a tali affermazioni dovrà realizzare due manovre di finanza pubblica di eccezionale importanza che rigettano il primato degli interessi finanziari in favore invece della priorità reali del popolo.

La prima operazione consiste nel determinare l’entità degli stanziamenti pubblici per la ricostruzione non in ragione della disponibilità di bilancio, bensì in ragione della quantificazione del danno e dei costi della ricostruzione.

La seconda operazione è quella che rende possibile la prima. Infatti, si può determinare la spesa in funzione dei bisogni reali dell’emergenza terremoti, evitando un ricorso indiscriminato al taglio del welfare ed evitando un ulteriore aumento della pressione fiscale (cose dagli effetti destabilizzanti), solo se si afferma che lo Stato ha tutte le risorse necessarie a disposizione per la ricostruzione, a prescindere da qualunque norma che le tecnocrazie volessero far valere. Questa dichiarazione d’intenti del premier Renzi implica il superamento della separazione fra Tesoro e Banca Centrale, un matrimonio possibile anche a Francoforte, se solo Draghi la smettesse di foraggiare le banche speculative, infliggendo all’intera Eurozona la prosecuzione della deflazione, e iniziasse a stampare moneta anche per l’economia reale, individuando dei meccanismi che consentano di trasferire direttamente, nella fattispecie al governo di Roma, a fondo perduto, non un Euro in più e non un Euro in meno di quanto ci serve per sopperire all’emergenza terremoti. Senza procedure di infrazione di stampo sovietico, senza clausole di salvaguardia perverse, senza inasprimento della pressione fiscale. Gratis. Così come ha fatto, fa e farà ancora per mantenere comunque i più che lauti profitti delle grandi banche d’affari a fronte dei titoli spazzatura che queste creano e del danno che arrecano all’intera società.

Questa è la rivoluzione in grado di cambiare l’Italia, in confronto alla quale la riforma costituzionale appare come un passatempo per azzeccagarbugli. Basterebbe che Renzi facesse alla lettera quanto ha detto. E non nuocerebbe certo al Paese se le opposizioni si accorgessero dell’importanza della posta in gioco. L’emergenza terremoti invoca una risposta delle istituzioni comunitarie e dello stato, una risposta pubblica, in assenza della quale avremo solo la risposta dei banchieri, degli speculatori che già hanno inferto alla società, all’economia e al mondo del lavoro europei danni non inferiori a quelli delle calamità naturali.

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