Chiamatelo, se volete, sciopero delle contraddizioni. Il primo marzo, in almeno 60 città del Belpaese gli immigrati sono stati chiamati a incrociare le braccia per 24 ore. Una protesta “meticcia” e simbolica di stranieri e italiani che si è concretizzata con iniziative disparate nei luoghi centrali delle nostre città. L’obiettivo era dare visibilità a un popolo invisibile che tuttavia concorre a creare almeno un decimo della nostra ricchezza nazionale “pulita”, che offre ogni giorno servizi domestici e sociali indispensabili, che traina settori come il commercio e l’edilizia. Non sempre con assunzioni legali, anzi, e soprattutto in un crescendo di discriminazioni e razzismo spesso ammantati con politiche securitarie. Così, leggendo su un giornale che in Francia un comitato aveva proposto con successo ai lavoratori stranieri lo stop, quattro amiche (due italiane e due no, per la cronaca) hanno rilanciato via Facebook e dopo una autentica slavina on line sono fioriti i “comitati primo marzo”. Richieste concrete: una nuova legge che conceda la cittadinanza ai minori nati sull’italico (e padano) suolo, permessi di soggiorni rilasciati in 20 giorni come previsto dalla Bossi-Fini e non dopo attese bibliche, più investimenti sociali e scolastici per l’integrazione. Per capirci, per prevenire ghetti alla milanese.
Quali sono le contraddizioni?
Primo, molte delle stesse comunità etniche non sono convinte, temono di perderci. Però i più scettici paiono i romeni che, in quanto etnia più numerosa, per giunta comunitari, bianchi e di lingua affine, sono quelli con meno problemi, alla faccia della solidarietà interetnica.
Secondo, un certo tasso di ipocrisia sindacale. Così le centrali confederali non hanno dato sostegno da Roma, ma hanno appoggiato a livello locale e di categoria, messi evidentemente alle strette dagli iscritti non italiani.
Terzo, il rapporto con i partiti. Peccato che le organizzatrici abbiano scelto di sfilare sotto le insegne del giallo, colore neutro, e poi abbiano accettato il sostegno dei partiti di centro sinistra a un mese dalle regionali. Era meglio tener distanti i sospetti di strumentalizzazioni. Significativo invece l’appoggio massivo della società civile organizzata, qui da noi le Acli, che come sempre ha capito prima degli altri le opportunità di un futuro meticcio e integrato.
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