Tettamanzi e la nostra responsabilità verso il domani

In ricordo del cardinal Dionigi Tettamanzi pubblichiamo uno stralcio del discorso che l’arcivescovo di Milano pronunciò al Congresso provinciale delle Acli milanesi nel 2008, che testimonia la profondità e l’attualità del suo pensiero, ricco di spunti e di sollecitazioni per il futuro.

Il testo integrale del discorso è disponibile sul sito della Diocesi di Milano. Le immagini sono tratte dall’opuscolo  “La Chiesa ha fiducia in voi, vi vuole liberi e responsabili” Intervento del Cardinale Dionigi Tettamanzi al 28° Congresso
delle ACLI provinciali milanesi – QUADERNI DE IL GIORNALE DEI LAVORATORI

 

 

Manoscritto della traccia della relazione.

Dire bene comune significa dire bene della persona umana, colta nella sua dignità; significa riferirci ai suoi valori e alle sue istanze, ai suoi diritti e ai suoi doveri. Su questo punto vorrei segnalare tre aspetti, che sento con particolare forza.

a) Urge un’alleanza tra la chiara affermazione dei valori e il forte impegno nell’assicurare le condizioni concrete perché i valori possano essere compresi, accolti e vissuti. Le due cose devono stare insieme; se non stanno insieme, ci esponiamo a pericoli e a derive. Chiarezza nell’affermare i valori. Gesù dice che neppure uno iota della legge del Signore deve cadere. Chiarezza su tutti i valori, e non su alcuni soltanto, secondo il loro legame interiore e la loro gerarchia o importanza. Sant’Ambrogio nel De officiis parla del vincolo che lega insieme tutte le virtù (connexio virtutum).

Chiarezza nell’affermazione dei valori e coinvolgimento forte nell’assicurare le condizioni di realizzazione dei valori stessi. Chi può negare che la vita è un valore fontale rispetto a tutti i diritti e doveri della persona nell’ambito della società? Ma per essere vissuto ha bisogno di accoglienza, di protezione, di abitazione, di lavoro, di libertà, di educazione, ecc. Di tutto questo ci si deve sentire responsabili e impegnati se vogliamo coerentemente e realisticamente affermare il valore della vita.

Questa stretta alleanza tra l’affermare il valore e l’operare per le condizioni che lo rendono possibile e praticabile può paragonarsi al rapporto che nella persona esiste tra l’anima e il corpo. […]

In questa stessa prospettiva si pone anche l’ispirazione cristiana, come luce e forza per promuovere l’alleanza tra valori affermati e condizioni concrete: questa ispirazione nasce dall’identità cristiana del nostro pensare e del nostro agire di credenti – identità cristiana che onoriamo e che vogliamo continuare ad onorare –. Senza dimenticare che l’individuazione dei valori e l’impegno per le condizioni che li rendono possibili è questione che riguarda tutti, a partire dalla ragione umana e dalla buona volontà: proprio per questo dobbiamo dare fiducia a tutti, anche ai non credenti.

In questo senso l’ispirazione cristiana, ad esempio delle ACLI, non rifiuta, ma al contrario chiede di esprimersi nell’incontro, nel dialogo, nel confronto, nella collaborazione con tutti.

La copertina dell’opuscolo Acli con il discorso di Tettamanzi

b) Un altro aspetto vorrei sottolineare: urge una speciale attenzione per il problema lavoro-casa, casa-lavoro. […] Rilevo solo il legame strettissimo che esiste tra il lavoro-casa e la persona umana, e quest’ultima nella sua dignità, nei suoi valori, nelle sue istanze, nei suoi diritti, nei suoi doveri, e tutto questo alla luce del DNA della persona umana, che è dato dalla relazionalità, dall’essere un “io” aperto al “tu”, un io con gli altri e per gli altri.

E questo nella sua primaria concretizzazione: la relazione coniugale e familiare.

L’uomo non può essere tale, secondo questa relazione, se tra le diverse condizioni non si mettono ai primi posti quelle del lavoro e della casa, della casa e del lavoro. Che ne è della persona, che ne è della famiglia se non ha il lavoro, se non ha la casa?

c) Infine, guardando in particolare la nostra bella e inquieta città di Milano, vorrei rilevare l’emergenza delle emergenze: la solitudine, nei suoi più diversi volti, così rilevanti e provocanti per il nostro impegno quotidiano. […]

Lo stare dalla parte degli ultimi è innanzitutto una precisa indicazione evangelica: dalla pagina delle “beatitudini” a quella del “giudizio universale”.

Lo stare dalla parte degli ultimi è inoltre una limpida affermazione della comune e uguale dignità personale. Possiamo essere diversi per un’infinità di motivi, ma su un punto fondamentale siamo tutti uguali: siamo persone umane, siamo figli di Dio. Non mi sono ancora stancato di ripetere dal giorno del mio ingresso all’incontro con le autorità in piazza della Scala che: «I diritti dei deboli non sono affatto diritti deboli».

Infine lo stare dalla parte degli ultimi è un test inequivocabile di democrazia. Perché tutti siamo uguali e possiamo esserlo negli aspetti concreti della vita, non c’è che da incominciare dai meno uguali. In una vera moderna democrazia devono scomparire i meno eguali.

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