Un’America senza armi

Centinaia di migliaia di giovani in tutti gli Stati Uniti, ottocentomila solo a Washington, proprio nel luogo dove Martin Luther King nel 1963 celebrò il suo sogno. Allora era quello di un Paese non più infestato dal razzismo, oggi quello di un’America libera dalle armi. E questi ragazzi, forse, daranno la prima grande spinta per giungere, finalmente, ad una regolamentazione dell’uso delle armi, in una nazione dove si continua a morire perché in giro ci sono troppi fucili e pistole che si possono acquistare in assoluta libertà.

Le statistiche mostrano un quadro allarmante. Negli Stati Uniti circolano 350 milioni di armi da fuoco contro una popolazione di 320 milioni. In Germania di armi registrate ce ne sono 25 milioni (su 90 milioni di abitanti); in Francia 19 milioni (su 65) e in Italia 7 milioni (su 60). Il 30 per cento degli americani possiede almeno una pistola. Ed è a causa di questo proliferare di armi che gli omicidi sono in numero di 6 volte maggiori che nel vicino Canada e di 16 volte rispetto alla Germania. Nel 2016 sono morti per uno sparo ben 15mila persone; in Italia, tanto per fare un confronto, le persone uccise da un’arma sono circa 800.

L’esorbitante dato americano trova un tremendo riscontro nelle tante, troppe, stragi cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Ultima, che ha fatto traboccare il vaso dell’indignazione giovanile, quella in una scuola di Parkland in Florida lo scorso febbraio con 17 morti. Adesso molti coetanei di quei ragazzi dicono basta alla vendita indiscriminata delle armi e vogliono che si giunga ad una legge che disciplini l’attuale anarchia esistente nel settore. Dietro questa situazione i forti interessi economici della potentissima lobby delle armi, che trova nella National rifle association (Nra), il più efficiente canale per influenzare la politica affinché non venga introdotto alcun controllo.

La libera circolazione delle armi viene giustificata da quanto scritto nel secondo emendamento della Costituzione che afferma come alla sicurezza di uno Stato libero sia necessaria una milizia armata e dunque il diritto dei cittadini a possedere un’arma. Evidente la forzatura. Se infatti il diritto ad armarsi poteva avere un senso nei primi anni dopo l’indipendenza, quando vi era il rischio di una reazione britannica contro la neonata nazione e tutti i cittadini americani dovevano essere in grado di difendere immediatamente il proprio Paese, oggi si tratta di un mero pretesto per nascondere gli enormi interessi di cui è portatrice la lobby delle armi che, da decenni, condiziona l’agenda elettorale di entrambi i partiti. Senatori e deputati che vi si oppongono vedono stroncata la propria carriera, così come nessun Presidente ha mai osato sfidare questo potentato.

Ora questa nuova generazione, spesso lontana dalla politica, sicuramente assai meno ideologizzata di quella dei propri padri, afferma chiaro e tondo che, anche lei, sarà protagonista della vita pubblica americana. Non sappiamo a cosa approderanno queste manifestazioni, ma di certo sono il segnale di un cambiamento di mentalità, per lo meno nei più giovani, che troppo spesso hanno visto la violenza entrare nella loro vita. Di certo occorre una presa di coscienza generalizzata, come quella che fece capire, negli anni Sessanta, quanto fosse assurda e crudele la segregazione razziale. Per ora siamo ancora lontani da questo soprassalto morale, ma i ragazzi che scendono in piazza oggi, dopo decenni di apatia, possono davvero rappresentare la scintilla che cambierà le regole sulle armi nell’intero Paese.

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