Migranti, l’altro volto dell’accoglienza: stiamo rubando all’Africa la sua classe media

Il mondo cattolico e le culture politiche solidariste sullo spinoso tema dell’ immigrazione hanno spesso accettato in modo acritico il discorso delle élites globaliste. Si crede, in assoluta buona fede, di accogliere un fratello o una sorella, e invece si aiuta gente come Soros a divenire sempre più ricchi, si è complici del dumping salariale verso i lavoratori meno qualificati, si partecipa, sempre in modo non consapevole, alla spogliazione della nascente classe media dell’Africa.

A queste conclusioni arriva non un bollettino populista o xenofobo, ma il giornale on line In Terris che vanta tra i componenti del suo Comitato scientifico personalità autorevoli del mondo cattolico come il card. Francesco Coccopalmerio, mons. Matteo Zuppi, mons. Giovanni D’Ercole e l’eurodeputato del Pd David Sassoli.

In un’intervista realizzata da Federico Cenci alla prof.ssa Anna Bono, africanista, vengono smontati i più frequenti, falsi e interessati luoghi comuni della narrazione globalista a proposito dell’immigrazione. La prof.ssa Bono dimostra che

esiste sul tema dell’immigrazione un falso mito: la maggioranza non fugge da situazioni di estrema povertà. In genere sono persone provenienti da centri urbani, ed è lì che maturano l’idea di lasciare il Paese. Dunque mi sembra corretto sostenere che il grosso dei migranti appartenga al ceto medio: persone non ricche, ma nemmeno povere, in grado di pagare profumatamente chi organizza i viaggi.

E non è neanche vero che la gran parte dei migranti siano rifugiati o profughi di guerra. Spiega la Bono

Se poi parliamo di rifugiati, ovvero di persone che fuggono all’estero da guerre e persecuzioni, la cifra è di circa 20milioni (nel mondo ndr). Di questi soltanto una minoranza esigua arriva in Italia, chiede asilo e lo ottiene: per quantificare, nel 2015 sono stati 3.555, nel 2016 4.940 e nel 2017 6.578. (….) chi fugge sotto la minaccia di persecuzione e di guerra cerca di rimanere il più vicino a casa perché l’idea è quella di tornarci il prima possibile.

La prof.ssa Bono avverte che con la retorica immigrazionista, funzionale agli interessi dei poteri forti, in realtà stiamo derubando l’Africa di ciò che ha di più prezioso per il suo sviluppo: un embrione di classe media. Ecco perché le chiese cristiane, ma anche alcune comunità islamiche, nei Paesi africani a maggior tasso di crescita (Paesi come Nigeria, Senegal, Camerun, Costa d’Avorio, Ghana), e in cui paradossalmente è più alto il numero di chi emigra, stanno facendo un lavoro di controinformazione sulla popolazione, per spiegare ai giovani che non basta metter piede in un’Europa in piena crisi per assicurarsi il benessere.

Alcuni governi, così come molte conferenze episcopali africane, si stanno spendendo per spiegare ai giovani quanto costa, quanto si rischia e quanto poco si ottiene nel lungo periodo ad emigrare in Paesi dove non c’è occupazione né possibilità concreta di integrazione economica e sociale. (…) Quello del Senegal, del Niger, dal 2014 anche quello del Mali, il quale sta facendo una forte propaganda per dimostrare che un Paese dal quale emigrano i suoi cittadini più giovani e forti non crescerà mai.

Se si aiuta oggi lo sviluppo di una classe media in Africa, si dice convinta la Bono, anche la temuta bomba demografica prevista per la metà del secolo potrà essere scongiurata, perché il miglioramento delle condizioni di vita porta ad una genitorialità più responsabile. E in conclusione dalla prof.ssa Bono arriva una netta presa di posizione che scandalizzerà coloro che apprezzano i “profeti” della solidarietà che pontificano da esclusivi superattici o con il Rolex al polso:

L’unico modo per scoraggiare questi progetti senza futuro è proprio quello di dimostrare che il viaggio della speranza è un’illusione, che a destinazione non si arriva: e chiudere i porti è il messaggio più netto che possa giungere.

Un messaggio di amore per l’Africa, di amore per i ceti subalterni delle società europee, di civiltà e di grande umanità. Anche se ciò indigna non poco i media e gli intellettuali servi di quell’1% che sfrutta il resto del genere umano e che dalla spregevole, schiavista e criminale tratta degli esseri umani lucra profitti e potere, nutrendo un ferreo senso di impunità e di abominevole onnipotenza.

L’intervista alla prof.ssa Anna Bono su “In Terris”

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