Quale futuro per la Tav?
Prima che la tragedia del ponte Morandi di Genova catalizzasse l’attenzione di mezzi d’informazione e opinione pubblica, il dibattito sulle infrastrutture era focalizzato su un’altra questione, annosa e irrisolta, quella del TAV, la linea “ad Alta Velocità Torino-Lyon”. La componente Cinquestelle dell’attuale esecutivo da sempre si dichiara contraria alla realizzazione di questa “grande opera” – concetto ribadito a più riprese in campagna elettorale – e attualmente esprime il ministro competente in materia, nella persona di Danilo Toninelli, a capo del Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La circostanza sarebbe dunque propizia per rimettere in discussione un’opera che, a trent’anni dalla sua concezione, appare ormai evidentemente obsoleta e dai dubbi benefici, specie se confrontati coi costi esorbitanti che comporta, fondi pubblici che potrebbero essere spesi più proficuamente in altro modo, a partire dalla manutenzione delle infrastrutture esistenti, operazione di importanza vitale (come testimonia il dramma di Genova) ma dove si lamenta costantemente la mancanza di risorse.
In effetti, il ministro Toninelli, conformemente a quanto previsto dal Contratto di Governo (punto 27, «Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia») aveva dichiarato di voler sospendere l’opera per una nuova valutazione del rapporto costi/benefici, ma l’altra componente dell’esecutivo, quella leghista, aveva immediatamente replicato, per bocca di Salvini, che l’opera doveva andare avanti perché “costa più bloccarla che farla”. La dichiarazione di Salvini ricalca le affermazioni di Paolo Foietta, commissario di governo per la costruzione della nuova linea, secondo il quale il costo “da restituire a UE e Francia risulterebbe senz’altro superiore a 2 miliardi”. La cifra in realtà appare campata in aria, visto che non esistono penali previste dai contratti e soprattutto tenendo conto che la controparte francese ha di fatto già congelato l’opera, avendo rimandato sine die la realizzazione delle loro tratte nazionali di collegamento al tunnel transfrontaliero. Appare dunque surreale che la Francia, dopo aver sospeso i lavori dalla sua parte, possa avanzare pretese di “rimborsi” da parte dell’Italia in caso si decidesse di accantonare l’opera.
Un’opera che, va ricordato, è stata iniziata e portata avanti su presupposti errati, come ammesso dagli stessi proponenti e dal Governo a inizio anno, quando una comunicazione dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha riconosciuto che “Non c’è dubbio che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica… Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni”. Tuttavia si sono affrettati ad aggiungere che comunque l’opera va avanti, anche se palesemente inutile. Tanto paghiamo noi. Soldi pubblici buttati via per arricchire i soliti noti, quel partito trasversale degli affari che da anni detta legge in Italia, una commistione di politica e imprenditoria che dietro l’alibi dello “sviluppo” continua a dragare risorse in un Paese noto per l’enorme quantità di opere inutili e incompiute.
Il TAV è l’archetipo perfetto di questo genere di opere, con tutte le caratteristiche del caso: sovrastima della sua utilità e sottostima dei costi, puntualmente smentite dai fatti, gruppi di interesse che sostengono il progetto con l’aiuto di referenti politici e organi di informazione, promesse di sviluppo e posti di lavoro, slogan e parole d’ordine al posto di dati verificati e analisi serie, mancato ascolto di chi si oppone con ragioni ben più valide e documentate di quelle dei proponenti. Nella fattispecie, i NoTav della Valsusa, che ormai da trent’anni fanno opposizione all’opera, hanno elencato decine di ragioni per non costruirla, raccogliendo una quantità di analisi e documenti ben superiore rispetto a quella prodotta dai proponenti, che si limitano a riproporre frasi trite e stantie, non supportate né dai fatti, né dal buon senso.
Una su tutte, il minaccioso slogan che “se non si fa la TAV, il Piemonte resta isolato dall’Europa”. Un’affermazione curiosa, visto che il Piemonte è una delle pochissime regioni italiane a vantare ben due confini internazionali, con Francia e Svizzera, attraversati da una miriade di valichi stradali e ferroviari, alcuni dei quali di notevole importanza, senza bisogno di spendere miliardi per traforare di nuovo le Alpi dove un traforo c’è già. Altrettanto fasulla l’affermazione che la linea storica sarebbe arrivata a saturazione, quando il traffico è addirittura sceso e sulla linea attuale si potrebbero tranquillamente quadruplicare i convogli, se ci fosse una richiesta in tal senso. Che però non c’è, dal momento che, come sanno coloro che hanno studiato un po’ più in profondità i flussi di trasporto e la logistica, il grosso delle merci e dei passeggeri viaggia sulla direttrice Nord-Sud, e non sa cosa farsene di un tunnel in direzione Est-Ovest.
Sono tutti elementi che, se presi in considerazione, renderebbero persino inutile la nuova analisi costi-benefici voluta dal ministro. Tuttavia, è comprensibile che il titolare del dicastero dei Trasporti preferisca affidare lo studio a un soggetto neutrale, anziché basarsi sulla mole di documenti prodotta negli anni dai NoTAV. Nel frattempo, il movimento di opposizione all’opera ha nuovamente fatto sentire la propria voce con una lettera aperta al Presidente del Consiglio Conte e allo stesso ministro Toninelli, lamentando il fatto che, mentre il Governo tergiversa, i promotori dell’opera procedono imperterriti, nel tentativo di portarsi più avanti possibile nella sua realizzazione, in modo da presentarla come ineludibile.
Per questo il Movimento NoTAV ha sottoposto alcune domande all’esecutivo, relative a provvedimenti attuabili immediatamente, a costo zero e senza bisogno di aspettare i nuovi studi sull’opportunità o meno di costruire l’opera. In sintesi, si chiede perché non bloccare le delibere che di fatto danno il via libera ai lavori in territorio italiano della tratta internazionale, sulle quali peraltro la Corte dei Conti “ha rilevato irregolarità documentali, e che si pongono in contrasto con l’accordo italo-francese del 30 Gennaio 2012”, come si legge nel documento del Coordinamento NoTAV, che rileva come l’avvio dei lavori è “consentito solo dopo il completo stanziamento – da parte di Italia, Francia e UE – delle somme necessarie a completare l’opera; requisito ad oggi non soddisfatto”. Si ricorda inoltre che tale accordo “pone a carico dell’Italia il 57,9% dell’investimento totale, quando i Km del tunnel di base ricadenti sul nostro territorio sono solo il 21,3%”. Un affarone, non c’è che dire. Per i francesi, naturalmente.
Ancora, il documento chiede perché non vengano sospese “le attività propedeutiche agli espropri dei terreni” e parimenti il “progetto esecutivo dei nuovi svincoli dell’autostrada A32 in corrispondenza del Cantiere Tav di Chiomonte” svincoli che oltretutto sono progettati in maniera “assurda” ovvero orientati al contrario rispetto alle esigenze, fattore che rischia di triplicare le percorrenze dei mezzi di cantiere. Ancora, visto che alcuni ministri hanno dichiarato che “nessuna opera pubblica può essere fatta con il filo spinato e la polizia”, sarebbe il caso di abolire <<lo status di “sito di interesse strategico nazionale” per l’area di Chiomonte, che dal Gennaio 2012 è gravata da un regime di gestione militare operata dall’Esercito e dalle Forze dell’Ordine>>.
Infine, ma non ultimo, perché non si è <<ancora provveduto a sostituire l’attuale Direttore generale di Telt, Mario Virano ed i Consiglieri di amministrazione di parte italiana, così come prevede lo statuto della stessa società>> e << parimenti il Commissario straordinario per la Torino Lione, Paolo Foietta>>, che tuttora operano in continuità con le disposizioni dei Governi precedenti, in evidente conflitto con l’attuale titolare del Ministero Infrastrutture e Trasporti. Questioni rilevanti, che andrebbero chiarite in fretta, visto che si tratta di spendere, anzi di buttare via, 3 o 4 miliardi di fondi pubblici per un’opera già riconosciuta come inutile (esattamente come affermavano da anni le analisi dei NoTAV, puntualmente ignorate dagli “esperti” dei proponenti ) quando quei soldi farebbero ben più comodo per ricostruire paesi terremotati o alluvionati, o per ripristinare ponti crollati o che rischiano di crollare.
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