Un nuovo bipolarismo

<<La democrazia – diceva Winston Churchill – è il peggior sistema eccettuati tutti gli altri>> e quella che assume il modello bipolare, in grado di produrre un’agevole alternanza al governo tra due schieramenti contrapposti, ne è probabilmente l’ espressione più matura. Si tratta infatti del sistema che consente la nascita di governi stabili e di conoscere, già la sera stessa delle elezioni, alla chiusura dei seggi, il vincitore, ossia lo schieramento chiamato a guidare il Paese per l’intera legislatura.

Molte democrazie funzionano con queste modalità e in particolare Francia e Gran Bretagna, ottenendo buoni risultati in termini di governabilità. In Italia ci abbiamo provato negli anni del maggioritario, quando Prodi e Berlusconi si alternavano al potere, anche se va detto con onestà, di quel bipolarismo non si prova certo grande nostalgia. Del modello, per così dire, originale avevamo dato infatti un’interpretazione alquanto distorta. Primo esempio di questa distorsione della cosiddetta democrazia dell’alternanza veniva dal fatto che il vincitore di turno si accaparrava tutte le cariche istituzionali, iniziando dalla presidenza di entrambe le Camere, escludendo a priori l’opposizione. Una logica “piglia tutto” che faceva già cominciar male la legislatura, acuendo la reciproca diffidenza tra maggioranza ed opposizione. Più in generale si è vissuto in un clima di perenne delegittimazione dell’avversario.

Per la destra la controparte era tutta quanta comunista, ammesso e non concesso che esserlo costituisse qualcosa di cui vergognarsi. Mentre per la sinistra, lo schieramento avverso era necessariamente incline al fascismo, anche se ne facevano parte fior fiore di liberali e democristiani. E così dopo pochi anni si è deciso di cambiare la legge elettorale, l’ottimo Mattarellum, chiudendo l’era del bipolarismo. In questo modo si è però gettato via il bambino, ossia la stabilità di governo, assieme all’acqua sporca, ovvero lo scontro permanente tra i due poli. Oggi si è quindi approdati, passando per l’orribile Porcellum, al Rosatellum, basato su un proporzionale appena corretto dalla presenza di un terzo di seggi assegnati in collegi uninominali. Risultato: tre mesi di attesa prima di giungere ad avere un governo e il ritorno all’instabilità di un tempo.

Possiamo continuare così o bisogna invece correggere la rotta e tornare a leggi elettorali, come il Mattarellum, più marcatamente maggioritarie? Sarebbe di certo un’ottima soluzione ma, purtroppo, almeno per ora, la stagione delle riforme costituzionali e dei cambiamenti di legge elettorale pare essere archiviata. D’altronde, il Paese ha ben altre necessità tra lavoro, economia, fisco, giustizia, ecc, perché la classe politica possa dedicarsi, in permanenza, alla costruzione delle regole. Eppure prima o poi si dovrà passare nuovamente da quella strettoia e sarà opportuno farci trovare pronti.

Nell’attesa, tanto per non perdere tempo sarebbe bene che i due poli della politica si ristrutturassero. In particolare è il momento di muoversi nel campo riformista, dove il Pd, per quanto in crisi, rappresenta l’imprescindibile fulcro del centro-sinistra. Il progetto di unire i riformismi italiani, da quello cattolico a quello socialista, è valido nella sua interezza e va perseguito indipendentemente dalla classe dirigente che, in via temporanea, ne incarna le fattezze. E lo stesso deve accadere nel campo conservatore, ove non è immaginabile lasciar occupare tutto lo spazio alla demagogia leghista. Oggi Lega e M5S, ancora freschi della vittoria elettorale del 4 marzo, sembrano godere dei favori dei sondaggi, ma non sarà così per sempre ed allora è necessario prepararsi per il dopo. E il dopo continuerà ad essere quello di un centro-destra e di un centro-sinistra che si affrontano. Sperando che, a quel punto, si approdi ad un bipolarismo più maturo di quello che abbiamo conosciuto negli ultimi due decenni.

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