Il sovranismo è (quasi) sempre di destra!
Continuano nei commenti che leggo su FB le polemiche sul <sovranismo>. Parliamoci chiaro: tutti siamo convinti che la sovranità è dei cittadini e nessuno può arrogarsi il diritto di sostituirsi a loro, per nessun motivo.
Però, al di là degli argomenti filosofici o costituzionali che accampano i nuovi difensori del “popolo indifeso e sfruttato” (nessuno di noi ha dimenticato che è la Costituzione a dire che la sovranità appartiene al popolo e non agli organismi internazionali o alla BCE o agli Organismi Internazionali), va detto con nettezza e a voce alta che il sovranismo di questi tempi è stato architettato soprattutto dalle destre estreme o da partiti euroscettici (anche da qualcuno di sinistra polemico con la moneta unica) perchè il tema “tirava”, portava consensi, consentiva senza dirlo di rilanciare il nazionalismo e una visione autarchica.
Quindi l’argomento, ammantato di dichiarazioni sull’importanza della sovranità popolare, è che non si vuole costruire una Patria più grande: il sogno europeo di Ventotene disegnato da Rossi, Colorni e Spinelli (“La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo “spazio vitale” territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell’egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. In conseguenza lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi, tenuti a servirlo con tutte le facoltà per rendere massima l’efficienza bellica.[..] Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani.[..] Gli spiriti sono giù ora molto meglio disposti che in passato ad una riorganizzazione federale dell’Europa. [..]Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita internazionale del continente: tracciati dei confini a popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc., che troverebbero nella Federazione Europea la più semplice soluzione, come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte delle più vaste unità nazionali, quando hanno perso la loro acredine, trasformandosi in problemi di rapporti fra le diverse provincie.”).
Quello di Sturzo (la creazione dell’Internazionale popolare andava in quella direzione, ma anche la posizione assunta per una soluzione autonomista della questione basca con il superamento dello Stato-nazione; infatti come si legge in un libro di G. Campanini “era sua antica convinzione che una reale democrazia fosse possibile solo dopo il superamento delle rigidezze e delle chiusure dello Stato nazionale di stampo ottocentesco [..] Il dramma del Paese Basco era lo stesso di una coscienza europea [..] e che soltanto attraverso il recupero delle sue radici autonomistiche avrebbe potuto ritrovare [..] i valori dell’unità e della diversità”), di Spaak, di Monnet («Non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale…[ciò] presuppone che gli stati d’Europa formino una federazione o una entità europea che ne faccia una comune unità economica») .
Quello di Churchill (“Come sono andate le cose in Europa mentre noi badavamo ai fatti nostri? Per quanto mi riguarda non ho mai potuto accantonare l’Europa. Mi resta fissa nella mente“. “Europa. Questo nobile continente, che annovera le più belle e più colte regioni della Terra, e gode di un clima temperato e mite, è la casa di tutte le razze genitrici del mondo occidentale. È la fonte della fede e dell’etica cristiana. È l’origine di gran parte della cultura, delle arti, della filosofia e della scienza dei tempi antichi come di quelli moderni. Se un giorno l’Europa fosse unita nel condividere il proprio comune retaggio, non vi sarebbero limiti alla sua prosperità”) e di Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman (“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. [..] L’Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”).
Tornando alla questione, certo che la sovranità appartiene al popolo! (che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, e non attraverso le indicazioni di alcun Governo); ma se i popoli decidono (e lo abbiamo deciso decenni fa e ribadito con votazioni per il Parlamento Europeo e anche con Referendum del 8/6/1989 per il Conferimento del mandato costituente allo stesso Parlamento Europeo) di mettersi insieme e creare uno Stato (o Federazione o Unione o Comunità) più ampio, la sovranità continua ad essere del popolo … il quale sarà popolo europeo.
Anche nel recente Convegno del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (Milano 29/09) su <Europa: radici e futuro per cambiare prospettiva> è risuonato l’invito/sollecitazione del Presidente della Commissione Europea Juncker: “La geopolitica ci insegna che l’ora della sovranità europea è suonata”; e che il cambio di prospettiva è proprio quello di sentirsi e ragionare da cittadini dell’Europa Unita.
Poi se c’è chi vuole le piccole patrie che continuano ad essere divise e a combattersi su tutto e non contare nel mondo nè politicamente, nè culturalmente, nè economicamente, nè in politica estera e di difesa, nè in politiche di cooperazione internazionale e di pace, è un altro discorso; legittimo, ma da affermarsi con chiarezza. Non trincerandosi dietro il paravento dei discorsi sulla sovranità. Che, ripeto, oggi è una battaglia sbandierata soprattutto dalle destre per riaffermare il <nazionalismo> (cosa diversa dal patriottismo) e ricreare uno spirito <virile> degli italiani verso altri popoli (padroni a casa nostra!).
In quanto all’Europa, resta chiaro che sono e devono essere i popoli e le nazioni a decidere, non gli Stati e i Governi o peggio le Agenzie internazionali: quelle hanno compiti diversi e in parte sono delegittimate perchè tutelano altri interessi, e non sono democratiche perché votate da nessuno. Sono soltanto strumenti, utili, ma strumenti; e tali devono restare. Anche in questo caso deve cambiare la prospettiva: gli europei si governano da soli e non attraverso le leggi delle Agenzie finanziarie o liberalcapitaliste.
Morale: chi vuole politiche nazionaliste, autoritarie, di chiusura, ecc. sta da una parte. Chi è per la dignità del lavoro, per sostenere coloro che si trovano in condizioni di povertà, per la giustizia internazionale, per l’unione fra i popoli dall’altra parte; e nel mezzo? In mezzo troviamo chi è per il liberalismo e il capitalismo senza regole. Quello che ha prodotto una lunga e pesante crisi, che ha impoverito, che ha dato voce ai populismi e affossato ciò che legava i popoli all’Unione Europea, che ha fatto percepire ai cittadini l’Europa come una matrigna, snaturandone l’immagine e attenuandone i legami con l’elettorato.
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