Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno: le verità scomode ricordate dall’Episcopato

Nel 1989 sostenemmo: «il Paese non crescerà, se non insieme». Anche oggi riteniamo indispensabile che l’intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle singole parti. (…) Affrontare la questione meridionale diventa in tale maniera un modo per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi e sul cammino delle nostre Chiese.
Queste parole, poste all’inizio del Documento dell’Episcopato Italiano,  “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno“, indicano la coerente fedeltà dei nostri Vescovi al bene comune, dettata dal loro amore per la nostra Italia e per il nostro Meridione.
Ma queste parole evidenziano anche la cifra profetica del loro intervento.  Profezia, intesa non solo come Parola rivolta (al posto del Signore) alle donne e agli uomini, al Popolo che è in Italia, né tantomeno come “previsione”.  Ma soprattutto Profezia come parlare davanti, “in faccia”!

I nostri Pastori ci mettono di fronte a numerose verità scomode; scomode per una classe dirigente nazionale che si è alternata in questi ultimi vent’anni, per un Nord ripiegato su se stesso e sui suoi miopi interessi materiali, per un Popolo meridionale che non ha saputo costruire un diffuso movimento di protagonismo sociale ed economico, ed anche per un frammentato Popolo di Dio che per molti aspetti si è rinchiuso nel disimpegno politico e nel solidarismo assistenziale. I Vescovi italiani invitano la società civile a svolgere il proprio ruolo, a non delegare la propria partecipazione attiva alla costruzione dello sviluppo del Paese e in particolare, secondo le parole di Giovanni Paolo II, ad “organizzare la speranza nella vasta area del Mezzogiorno”.

Due sono le strade principali suggerite dai Pastori per fare del Mezzogiorno il punto di partenza della ripresa morale, civile, sociale ed anche economica e politica del Paese. Due strade non solo enunciate, ma anche già praticate.
La prima è propria del ruolo dei laici, inseriti nella storia del mondo, e indicata da Gesù stesso: la lettura dei segni dei tempi. Questo significa imparare a leggere (e ad ascoltare) la realtà spirituale e materiale delle persone, nella loro situazione individuale e familiare, sociale e culturale, lavorativa ed economica. Non una lettura sociologica, quindi, ma umana, fatta di relazioni e di dialoghi, di confronto personale e comunitario.
Di qui nasce la seconda strada: la lettura dei segni tempi trova la sua naturale prosecuzione nella relazione educativa.
I Vescovi italiani avevano già individuato nella sfida educativa l’impegno della Chiesa Italiana per il secondo decennio del 2000.

Per queste ragioni il Presidente Nazionale delle ACLI, Andrea Olivero  ha giustamente potuto affermare che: «Il documento dei Vescovi scuote le coscienze di tutti, denuncia le “inadeguatezze” delle classi dirigenti, invoca un nuovo “senso civico di tutta la popolazione”, chiamando alla “mobilitazione morale” e ricordando i martiri della lotta alla mafia e all’illegalità».

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