Per un nuovo umanesimo europeo

Si legge sui giornali già da qualche tempo che, sia a livello nazionale che in vista delle prossime europee, le forze politiche si riposizionano e cercano di ristrutturarsi.

Le classiche divisioni fra destra e sinistra, fra conservatori e progressisti, sono saltati (anche se restano tutti interi e validi i motivi per cui la distinzione si era evidenziata già da fine ottocento). E le recenti elezioni (dal Trentino Alto Adige alla Baviera) confermano.

Tornando al tema, per ora, mi sembra di dover rimarcare che vedo soprattutto movimenti tradizionali e con una certa linearità con i propri orientamenti che si stanno ripensando per tattiche future: il PPE potrebbe allearsi ai sovranisti per contenerne i bollenti spiriti e non lasciare loro totalmente la guida del’UE; chi invece prefigura alleanze a guida Macron in chiave “viva l’Europa”; in FI c’è chi prefigura un nuovo movimento insieme a FdI e altri che desiderano rafforzare un’alleanza tra forze centriste, mentre c’è chi spera ancora in un ritorno al classico centro-destra insieme alla Lega; a sinistra c’è chi gioca sul tentare a dividere i 5s strappandoli al cedimento verso destra (Fico potrebbe essere l’asse su cui impostare la prospettiva), altri pensano ad una sinistra stile Corbyn, altri ancora ad uno schema classico con un’alleanza fra centro e sinistra (da Calenda a Fassina e Civati), oppure il Fronte europeista da contrapporre ai sovranisti.

A parte il fatto che i partiti e le politiche non nascono (o non dovrebbero nascere) mai a tavolino o attraverso accordi fra leaders, ma si formano stando in mezzo alle persone e proponendo soluzioni (oltre che indicando obiettivi e disegni di fondo che coinvolgano anche le speranze per il futuro): a me sembra che se si continua a rimescolare la pentola partitica con i soliti ingredienti sia difficile ottenere grandi entusiasmi di popolo e indicare strade veramente nuove.

Continuo (ma so di essere un sognatore) a pensare che si debba comunque scompaginare tutte le proposte che ricalcano posizioni e alleanze passate. Fermi i fondamentali delle forze popolari (giustizia, eguaglianza, diritti, libertà, autonomie, persona, nuclei intermedi, sussidiarietà, lavoro, famiglia, pace, cittadinanza europea) si riparta da chi ha sensibilità sociale e ambientale, da chi chiede vera partecipazione, da chi si preoccupa del “locale” senza paure verso il “globale”, da chi vuole abbattere barriere e confini, da chi pensa alla sicurezza anche come garanzia piena dei diritti di cittadinanza e della salute (insieme alla difesa degli anziani e dei nostri appartamenti, dalla microcriminalità), da chi considera l’ordine non solo rispetto della legge ma anche lotta ai soprusi, alla corruzione, agli eccessi della burocrazia, dalle storture dei meccanismi finanziari, dalle Convenzioni internazionali che uccidono produzioni, commerci, posti di lavoro.

Basta, ad esempio, dare un rapido sguardo all’intervista che Papa Francesco ha rilasciato a settembre a Il Sole 24 ore per capire quale <nuova frontiera> si apre per chi lotta e si impegna per la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la fraternità, la pace, una prospettiva europea.

«La disoccupazione che interessa diversi Paesi europei è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro» «Credo sia importante lavorare insieme per costruire il bene comune ed un nuovo umanesimo del lavoro, promuovere un lavoro rispettoso della dignità della persona che non guarda solo al profitto o alle esigenze produttive ma promuove una vita degna». «La distribuzione e la partecipazione alla ricchezza prodotta, l’inserimento dell’azienda in un territorio, la responsabilità sociale, il welfare aziendale, la parità di trattamento salariale tra uomo e donna, la coniugazione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita, il rispetto dell’ambiente, il riconoscimento dell’importanza dell’uomo rispetto alla macchina e il riconoscimento del giusto salario, la capacità di innovazione sono elementi importanti che tengono viva la dimensione comunitaria di un’azienda». «La persona che mantiene se stessa e la sua famiglia con il proprio lavoro sviluppa la sua dignità; il lavoro crea dignità, i sussidi, quando non legati al preciso obiettivo di ridare lavoro e occupazione, creano dipendenza e deresponsabilizzano». «I poveri che si muovono fanno paura specialmente ai popoli che vivono nel benessere», perciò gli stessi migranti «siano rispettosi della cultura e delle leggi del Paese che li accoglie per mettere così in campo congiuntamente un percorso di integrazione e per superare tutte le paure e le inquietudini». «L’Europa ha bisogno di speranza e di futuro. L’apertura, spinti dal vento della speranza, alle nuove sfide poste dalle migrazioni può aiutare alla costruzione di un mondo in cui non si parla solo di numeri o istituzioni ma di persone». E «per queste persone che fuggono dalla miseria e dalla fame», dice ancora il Papa, «molti imprenditori ed altrettante istituzioni europee a cui non mancano genialità e coraggio, potranno intraprendere percorsi di investimento, nei loro paesi, in formazione, dalla scuola allo sviluppo di veri e propri sistemi culturali e, soprattutto in lavoro».

Non c’è bisogno di aggiungere altro a queste parole indirizzate soprattutto al mondo economico e produttivo, a industriali e dirigenti d’azienda; ma esse rappresentano una riflessione per tutti, cittadini e istituzioni. Perché solo partendo da questi presupposti possiamo continuare il cammino di comunità civile iniziato nel dopoguerra; altrimenti il rischio, e siamo sull’orlo, è di perdere tutto pensando di rincorrere il cambiamento rigeneratore.

Quindi, ritornando alle considerazioni sulle forze politiche e alleanze future (soprattutto riguardo alle elezioni europee della prossima primavera), non c’è da mettere insieme il puzzle dei vecchi leader o delle vecchie sigle. Alessandro Rosina (professore ordinario di Demografia nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, dove dirige anche il Laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico aziendali) afferma che Rischiano, perciò, di rivelarsi controproducenti o inefficaci iniziative che nascono per porsi “contro” chi è “contro”, ovvero con l’obiettivo di difesa e contrapposizione alle cosiddette forze populiste. [..] Al rancore e alla paura che chiude in difesa del presente, va contrapposto (anzi, controproposto) il desiderio di partecipare alla costruzione di un’Italia aperta che metta in gioco le energie positive del Paese. Il modo più concreto e solido per farlo è quello di mettere assieme le realtà (i soggetti sociali) che già oggi dal basso si muovono in tale prospettiva [..]produrre con essi (con la loro esperienza concreta fatta intelligenza collettiva e messa, con metodo, a valore comune) l’idea di paese desiderato e possibile da realizzare nei prossimi 5, 10, 15 anni”.

Lo ripeto: bisogna scompaginare, ripartendo dai valori di riferimento, dai progetti, da programmi innovativi e con al centro le persone (penso soprattutto al lavoro e al welfare, per dare un’idea di Europa che non sia solo finanza e regole punitive per i prodotti), i cosiddetti <corpi intermedi>, le autonomie, il rispetto dei popoli e delle nazioni (non l’interesse dei governi e degli Stati). Potrebbe nascere un NUOVO UMANESIMO EUROPEO in cui la sovranità sia dei cittadini europei, in quanto membri dell’Europa.

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