L’anniversario difficile

Il quinto anniversario dell’elezione di Benedetto XVI, che coincide quasi con il suo ottantatreesimo genetliaco, cade in uno dei momenti più difficili per la vita interna e per la credibilità pubblica della Chiesa cattolica nell’ultimo secolo. La questione dei crimini di pedofilia di cui si sono macchiati uomini di Chiesa, l’incontestabile dato di fatto che quasi mai l’iniziativa della denuncia di tali crimini sia avvenuta da parte dei superiori ecclesiastici, il fatto che spesso molti di questi superiori si siano dati da fare per insabbiare tali vicende, la ritardata emanazione da parte della Santa Sede di norme chiare ed incontrovertibili per punire in termini sia canonici che penali gli autori dei misfatti, il fallimento di interi episcopati, a partire da quello irlandese , costituiscono altrettanti elementi di preoccupazione per il Pontefice , che non a caso ha parlato di una Chiesa “ferita e peccatrice”, pur confortato dalla vicinanza, almeno in termini formali, dei cardinali e dei Vescovi di tutto il mondo.
Certamente non ha giovato al Vaticano la difesa d’ufficio da parte di taluni settori intellettuali e politici che, non sempre in buona fede, hanno denunciato pretesi “complotti” ai danni della Chiesa, spesso con notevoli acrobazie logiche, se è vero che da un lato si è paragonata la campagna di stampa in atto a quella condotta da Goebbels negli anni Trenta per screditare la Chiesa in Germania (ma ci si dimentica che i giornali nazisti partivano da fatti purtroppo realmente accaduti per dilatarli in modo arbitrario e diffamatorio) e dall’altro, partendo dal dato di fatto che il “New York Times” è di proprietà della famiglia Sulzberger, si è evocato il fantasma della vendetta della lobby ebraica (argomento che, questo sì, sarebbe molto piaciuto a Goebbels).
Il fatto è che segnali di smarrimento vengono da tutti i settori ecclesiastici, e se vicende come quella di qualche Vescovo emerito che dichiara in modo irresponsabile sono riconducibili probabilmente all’incipiente marasma senile, altre sono più preoccupanti.
E’ il caso, ad esempio, del cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, che ha rivelato, menandone gran vanto, di aver mandato nel 2001 una lettera di congratulazioni al Vescovo di Bayeux mons. Pierre Pican che era stato condannato da un tribunale francese per ostacolo alla giustizia per non aver denunciato il suo prete Renè Bissey di cui ben conosceva le tendenze e gli abusi pedofili, e che per questo è stato condannato ad una grave pena detentiva. Naturalmente il portavoce pontificio padre Lombardi ha chiarito che le parole del cardinale erano completamente estranee alla linea adottata dal Vaticano, ma questo non è bastato a placare il presule latinoamericano, che anzi ha voluto sottolineare come il suo gesto avesse avuto l’approvazione del Pontefice allora regnante, Giovanni Paolo II.
Qui si rende necessario aprire una parentesi su questo curioso personaggio: il card. Castrillon Hoyos fu, in gioventù, uno dei più acerrimi avversari della teologia della liberazione, amico e sostenitore delle peggiori dittature latinoamericane e, a quel che si dice, intrinseco di alcune potenti famiglie di narcotrafficanti, i cui donativi avrebbe spesso e volentieri accolto sotto forma di elemosine. In Vaticano egli fu prima Prefetto della Congregazione per il Clero (a tale titolo inviò la famigerata lettera a mons. Pican ) e successivamente, vista la sua vicinanza agli ambienti filo lefebvriani della Curia romana (e di provenienza lefebvriana era anche il prete pedofilo Bissey) fu messo a capo della Commissione “Ecclesia Dei”, dove gestì dossier controversi come quello del motu proprio per la reintroduzione della Messa preconciliare e quello della cancellazione della scomunica ai Vescovi ordinati illecitamente da mons. Lefebvre, e fu uno dei responsabili della mancata comunicazione a Benedetto XVI delle dichiarazioni negazioniste di mons. Williamson (il quale peraltro non faceva altro che dar voce al generale sentimento antisemita degli ambienti del tradizionalismo cattolico). Ormai pensionato ultraottantenne, l’arzillo cardinale non vuole evidentemente farsi dimenticare e, rivendicando l’approvazione di Giovanni Paolo II al suo discutibile gesto, porta di forza il defunto Pontefice (alla vigilia della sua beatificazione) nel vivo della polemica : si potrebbe persino dire che vi sia una sorta di fronda interna di taluni elementi del tradizionalismo clericale (tutto si tiene, a quanto sembra) contro la volontà di assoluta trasparenza ed intransigenza verso questi crimini ripugnanti messa in atto da Benedetto XVI.
D’altro canto, anche nello scenario italiano sono evidenti elementi di confusione che appaiono preoccupanti agli occhi di molti sacerdoti e fedeli: si prenda il caso delle recenti dichiarazioni di un personaggio autorevole come mons. Rino Fisichella, uomo di grandi ambizioni e di altrettanto grande esposizione mediatica. I suoi elogi sperticati per la Lega Nord, partito che fa della xenofobia e del razzismo una parte centrale del suo discorso politico, solo per i roboanti annunci (subito rimangiati) dei nuovi “governatori” Cota e Zaia circa la pillola abortiva RU 486, come se l’intera dottrina sociale della Chiesa fosse riducibile al pur grave problema dell’aborto, prendendosi anche la libertà di rispondere con supponenza ed arroganza ai rilievi di un mite intellettuale come Claudio Magris. Non pago, il discusso presule è tornato alla carica nei giorni successivi trovando un’acrobatica giustificazione per l’on. Berlusconi che, alla Messa funebre del compianto Raimondo Vianello , si è accostato alla comunione pur essendo notoriamente divorziato e risposato civilmente (a tacer d’altro): un gesto che è suonato offensivo e persino derisorio per molti sinceri credenti cui il principale sacramento della fede cristiana è precluso senza scorciatoie.
Il problema qui non è quello delle simpatie politiche, peraltro abbastanza note, di un certo Vescovo: il problema è quello del generale smarrimento di un Episcopato che , privo di riferimenti e anche di cultura politica, si ritrova a doversi appoggiare al primo sostegno che trova, anche discutibile, anche scopertamente strumentale nelle sue prese di posizione filo clericali come è il caso di Berlusconi e dei dirigenti leghisti. Un segno di debolezza, e forse anche di disperazione, più che di forza.
Ma forse questo non è che il contrappasso di anni in cui si è voluto coltivare il mito della onnipotenza clericale nel contesto della sistematica umiliazione delle migliori forze del laicato cattolico, preferendo il dolce coro dei laudatori più o meno a pagamento e dei falsi amici interessati al linguaggio aspro e duro , ma anche sincero ed onesto, di chi cercava e cerca tuttora di incarnare il Vangelo nella vita moderna.

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