Strasburgo, torna il terrorismo
Torna a farsi sentire il terrorismo e lo fa a Strasburgo in mezzo ai mercatini di Natale. Un francese di origini musulmane ha sparato infatti sulla folla attorno alle bancarelle, uccidendo quattro persone e ferendone una decina. Un’azione probabilmente opera di un individuo radicalizzato che, in effetti, gli inquirenti avevano classificato come soggetto pericoloso e da sottoporre a special sorveglianza. Purtroppo risulta quasi impossibile un costante monitoraggio di questi individui e le maglie, troppo spesso, divengono larghe abbastanza da consentir loro di colpire. In pratica, siamo di fronte risultano alla classica dinamica di un fondamentalismo che colpisce gente inerme ed indifesa mostrando, come sempre, il suo volto rabbioso e la viltà del suo gesto. Adesso è toccato a Strasburgo, sede dell’Europarlamento e città simbolo dell’amicizia franco-tedesca, primo mattone della nuova Europa di pace e democrazia. E proprio la pace e la convivenza civile sono i valori che questo fondamentalismo vuole abbattere, affidandosi tanto ad azioni pianificate quanto ai tentativi di qualche “lupo solitario”, come forse sembra essere questo caso. Saranno in ogni modo le forze di polizia a chiarire la matrice di questo attacco, il cui responsabile è stato individuato ed è sottoposto ad un vera e propria caccia all’uomo.
Detto questo, è evidente che la tragica serata di Strasburgo si unisce a quella drammatica scia di sangue che da anni imperversa in Europa, in Occidente ed anche in molti Paesi islamici. Perché, è questo deve essere ben chiaro a tutti, questo terrorismo è una minaccia globale che ha colpito, molte volte, anche persone di religione islamica. Per questo non bisogna cadere nella trappola della cosiddetta “guerra di religione”, tra un presunto occidente cristiano e il mondo islamico nel suo complesso. Questo è quanto vuole infatti ottenere il fondamentalismo che avrebbe grande vantaggio a trasformare la contesa in questo senso. Anziché la chiusura verso il mondo musulmano serve invece il sostegno a chi, ed è la maggioranza, crede nella convivenza civile tra le genti. La nostra bussola deve essere quella di un’integrazione che ci faccia approdare ad un società sempre più inclusiva. Tutto questo non significa ovviamente abdicare alle ragioni della sicurezza e della repressione e per questo va rafforzata la cooperazione sovranazionale internazionale sia dal lato investigativo che da quello giudiziario. Nell’ambito più generale va avviata una politica capace di coinvolgere in questa lotta il numero maggiore di Paesi, agendo in una logica multilaterale in tutte le possibili sedi internazionali, a cominciare dal necessario sostegno all’Organizzazione delle nazioni unite come veicolo di collaborazione di cui di tutti si sentano parte.
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