Il ritorno delle frontiere
C’era una volta il Trattato di Schengen, che prevedeva la libera circolazione dei cittadini dei Paesi aderenti. Senza barriere, senza controlli, senza frontiere. Un primo, fondamentale tassello di quella che doveva finalmente essere“l’Europa dei Popoli”, ma che, dopo oltre mezzo secolo di tentativi di Unione, ancora non è. Non solo, si sta anche tornandoindietro, verso un passato di divisioni che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Non si tratta di una semplice sensazione rovocata dal nuovo corso politico che vede l’ascesa “magnifica e progressiva” dei sovranismi. No, le frontiere stanno tornando fisicamente, come è possibile vedere al valico di Monginevro, fraItalia e Francia.
Fino a poco tempo prima, i profughi che tentavano di passare il confine per arrivare in Francia, lo facevano attraverso il valico di Ventimiglia o quello del Colle della Scala,poco oltre Bardonecchia, spesso rischiando la vita sugli scogli astrapiombo del confine ligure o sui gelidi sentieri innevati dei passaggi alpini. Proprio questi ultimi hanno visto purtroppo anchealcune vittime, stroncate dalla fatica e dal freddo affrontati senzaalcuna preparazione, a parte la forza della disperazione.
Tragedie indegne della “civilissima”Europa del ventunesimo secolo. Questa situazione aveva già fattoregistrare parecchi momenti di tensione. In particolare, si eraarrivati a un vero e proprio scontro istituzionale quando alcuni gendarmi francesi avevano bellamente sconfinato andando a effettuare dei controlli di polizia presso una Onlus che gestiva un progetto a favore dei migranti per conto del comune di Bardonecchia, in pieno territorio italiano. Al contrario, al valico di Monginevro era tutto tranquillo e si poteva transitare nella totale indifferenza dei doganieri francesi, che non avevano mai alzato il livello di allerta,nemmeno all’epoca dei tragici attentati di Nizza e Parigi.
Un clima ideale e quasi surreale, visto quello che succedeva in altre zone di confine. Specialmente agli occhi di coloro che – come chi scrive – ancora ricordano le interminabili code alla frontiera di Claviere, ultimo paese italiano prima del confine, dove i solerti doganieri italiani bloccavano con interminabili controlli gli sciatori diretti alla stazione sciistica oltre confine di Montgenevre, allora decisamente meno cara rispetto acerte località alpine nostrane. Erano i lontani anni ’90, roba del secolo scorso, in tutti i sensi. Quel secolo impropriamente definito“breve”, che invece ha visto più avvenimenti tragici di qualunque altro periodo dell’umanità, compresi due sanguinosi conflitti mondiali. Proprio da quegli orrori era nata l’idea di creare organismi sovranazionali in grado di regolare le controversiefra Stati, prima l’ONU e poi l’UE, la quale a sua volta aveva appunto iniziato a cancellare i confini interni. Proprio a Claviere,l’edificio della Dogana era stato abbandonato, e di recente anche parzialmente smantellato, ma….
Ma l’onda lunga delle migrazioni e della crescente intolleranza che le accompagna è arrivata fino a qui. Dopo essere stati più volte respinti al valico della Scala, sopra Bardonecchia, i profughi hanno scoperto la via del Monginevro,una strada statale e svariati sentieri relativamente agevoli. E la tensione è arrivata fino a qui, debitamente alimentata da oppostiestremismi. Alcuni migranti, in attesa di tentare la sorte pervalicare il confine, avevano trovato rifugio a Claviere, nei localial di sotto della chiesa locale, aiutati da un gruppo di volontari,ma questa presenza non era molto gradita ai locali. Oltre confine,organici e dotazioni della polizia di frontiera venivano implementati in modo quasi impercettibile. E alla fine anche qui si è ripetuto il copione già visto altrove. Prima la comparsa di striscioni a opera dei sovranisti di estrema destra francesi che si opponevano alle migrazioni (o forse semplicemente ai migranti, ma in tal caso dovremmo definirli razzisti e rischiare di venire accusati di essere politicamente scorretti). Poi l’entrata in campo di attivisti italiani (che potremmo definire professionisti della contestazione, ma qui rischiamo l’accusa di essere intolleranti) che si sono sentiti in dovere di manifestare “contro tutte le frontiere” in un posto dove la frontiera, fino a quel momento lì, praticamente nonsi notava. Poche decine di manifestanti, ma in compenso centinaia di agenti, uno schieramento di forze che non si vedeva da tempo immemorabile. Da quel momento, il numero di gendarmi francesi a presidio del confine è aumentato a dismisura, mentre sul versante italiano ancora tutto sembrava tranquillo.
Fino a quando quei simpaticoni dei poliziotti francesi hanno iniziato a sconfinare come se niente fosse.Si sono registrati due episodi nei quali pattuglie francesi non meglio identificate hanno sottoposto a controllo cittadini italiani all’interno dei nostri confini, qualcosa di inaudito. Ma soprattutto, si sono moltiplicati i casi nei quali la gendarmerie francese, dopo aver intercettato dei migranti nel proprio territorio,ha pensato bene di caricarli in macchina per poi venire a scaricarli da questo lato della frontiera, il tutto mentre quella faccia tosta di Macron redarguiva l’Italia perché non voleva accogliere i migranti. Solo che in un caso i poliziotti francesi sono stati“beccati” mentre scaricavano i profughi in territorio italiano e le immagini filmate con un telefonino hanno fatto il giro di tutti i mezzi di comunicazione, provocando l’inevitabile reazione italiana.
Da quel momento, nel punto esatto dove i francesi avevano scaricato i migranti intercettati, stazionano stabilmente almeno due pattuglie di polizia, ovviamente a spese dei contribuenti e distolte da altri compiti, per esempio combattere la criminalità o aumentare il livello di sorveglianza delle nostre città per dare maggior sicurezza ai cittadini.
Così, proprio quando avevamo iniziato a smantellare l’edificio della Dogana, testimonianza obsoleta dellevecchie frontiere, il controllo dei confini è ritornato una priorità, per ora appannaggio delle forze di polizia, ma domani chissà, magari di nuovo dei militari, col ripristino delle fortificazioni oggi ridotte a ruderi. Nel frattempo, il treno che viaggia fra Torino e Lione – quella stessa linea che si vorrebberaddoppiare col progetto TAV – attualmente effettua una fermata supplementare subito dopo il confine, per permettere ai gendarmi francesi di salire a bordo ed effettuare controlli da polizia di frontiera.
Curioso, no? Mentre qualcuno insiste perspendere 9 (nove!) miliardi di euro per un tunnel che dovrebbe farrisparmiare mezz’ora di tempo alle merci in transito fra Italia e Francia, nel frattempo si fa perdere mezz’ora alle persone reintroducendo le frontiere. Solo per le persone, naturalmente. Lemerci devono continuare a viaggiare sempre più velocemente, per aumentare i consumi e il PIL. E lo stesso i capitali, che transitano indisturbati verso i paradisi fiscali, mentre ai contribuenti vengono richiesti sacrifici sempre maggiori a fronte di servizi sempre più scarsi.
A questo punto, verrebbe da dire che questo modello sembra viaggiare in direzione opposta all’auspicata“Europa dei popoli”, e pare sempre più appiattito sugli interessi economici e finanziari. Proprio la situazione che ha provocato la disaffezione dei cittadini europei verso l’Unione e consentito la crescita di sovranismi e populismi. E verrebbe da dire che sarebbe ora di pensare più ai diritti delle persone che ai commerci e al PIL, ma in questo caso rischiamo di essere accusati di far parte del “partito della decrescita” …
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