Avvenire: i cattolici scomodi al potere

Un attacco inconsulto quello del vice premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, qualche giorno fa a “Radio anch’io”, contro Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. Il ministro ha infatti accusato il giornale, diretto da Marco Tarquinio, di ricevere i contributi annui per l’editoria che invece potrebbero essere destinati ai poveri.

Una polemica assurda perché non ha senso mettere insieme due questioni tanto diverse, in nulla collegate tra loro. L’una, i contributi pubblici assicurati a tutti i giornali per garantire il pluralismo e non lasciare l’intera carta stampata in balia del solo mercato, ovvero dei soli potentati economici che così potrebbero, ancor più di oggi, far sentire la propria voce a scapito di chi si pone fuori dal coro. L’altra, il doveroso sforzo di contrastare la povertà, compito primario dello Stato e, dunque, di qualsiasi governo e che peraltro vede la Chiesa e il mondo cattolico sempre in prima fila. Si possono stanziare risorse per l’uno e per l’altro scopo, senza porli in antitesi dato che rivestono finalità diverse: la prima connessa al pluralismo mediatico, fondamento di qualsiasi democrazia ben funzionante; la seconda per rendere più equa e più giusta la nostra società. Finalità che, entrambe, dovrebbero stare a cuore ad una politica degna di questo nome.

Ma forse, viene il sospetto che Salvini, pur interessato a ridurre la povertà in Italia, sia ancor più interessato a colpire un giornale ritenuto scomodo. Avvenire da mesi è infatti in prima linea nella difesa della dignità degli immigrati e sta vivamente contrastando il cosiddetto decreto sicurezza che, sotto le mentite spoglie di garantire maggior protezione ai cittadini, intende semplicemente colpire l’immigrazione. Invece di ottenere la sicurezza con l’integrazione – che è l’unico percorso sensato da seguire – si punta sulla facile demagogia, assimilando banalmente l’immigrazione alla criminalità.

La Chiesa e larga parte del mondo cattolico considerano sbagliata questa impostazione ed Avvenire si fa portavoce di questa posizione. Ecco allora gli attacchi del ministro contro il quotidiano della Cei, in termini certo inediti nella pur lunga e travagliata storia repubblicana. Salvini più che parlare con una veste istituzionale lo fa da leader di partito e qui, a ben vedere, c’è una vera e propria anomalia, perché – e la cosa vale ovviamente per tutti – quando si ricoprono incarichi istituzionali bene sarebbe dismettere qualsiasi carica di partito.

Evidente che l’aggressione ad Avvenire è dovuta al fatto che questo giornale viene ritenuto scomodo dal potere oggi dominante ed allora vada colpito, magari per ridurlo a più miti consigli. Una logica autoritaria ed insofferente di qualsiasi reale pluralismo; certo incompatibile con una democrazia avanzata.

In ogni caso, per qualsiasi giornale essere scomodo al potere è una medaglia da appuntare al petto. Per i cattolici poi l’essere scomodi dovrebbe essere scontato, chiamati come sono, dalla propria stessa fede, a difendere la dignità umana in ogni angolo della terra.

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