Un nuovo clima

Non ereditiamo la terra dai nostri avi; la prendiamo a prestito dai nostri figli. Nostro è il dovere di restituirgliela. Così recita un proverbio dei nativi americani. Una frase che dovremmo scolpire nelle nostre menti e che dovrebbe diventare la bussola delle nostre azioni. Specialmente per chi è genitore. Specialmente per chi deve prendere decisioni cruciali per il futuro del Pianeta.

Invece ce lo siamo dimenticato, o ce ne freghiamo altamente, impegnati come siamo a fissare gli occhi sul presente. O a difendere interessi ormai indifendibili. Anche quando qualcuno ci sbatte in faccia la realtà, ricordandoci che stiamo distruggendo l’unico pianeta che abbiamo, quello che dovremmo lasciare alle nuove generazioni.

Parliamo della Cop 24 di Katowice, in Polonia, la conferenza sul clima dove per l’ennesima volta si sarebbero dovuti prendere provvedimenti seri e urgenti per contrastare il surriscaldamento globale, ma doveancora una volta si è deciso di rimandare, per altri due anni, anchese il tempo ormai sta scadendo. Però stavolta è successo qualcosadi nuovo.

Ma andiamo con ordine.

Tre anni fa, alla Cop 21 di Parigi , i rappresentanti dei vari Paesi hanno finalmente messo nero su bianco che il Pianeta si sta surriscaldando a causa dell’effetto serra, in gran parte dovuto alle attività umane. Una realtà evidente a chiunque avesse un minimo di buon senso, ma che ancora non era stata ufficializzata. Pertanto si è preso atto che occorre agire per correre ai ripari. Il che è stato salutato come un grande successo, ma … Si è preso atto, appunto. Però non si è agito, o lo si è fatto troppo poco. E anche nei due incontri successivi, Cop 22 e 23, sostanzialmente non si sono fatti passi avanti.

Per questo, un paio di mesi prima della Cop 24 di Katowice, l’IPCC –Intergovernmental Panel on Climate Change, l’emanazione dell’Onuche si occupa dei cambiamenti climatici – ha lanciato l’ennesimo monito, ancor più pressante: “La nostra valutazione ha dichiarato Thomas Stocker, Co-presidente del gruppo di lavoro dell’IPCC –ritiene che l’atmosfera così come gli oceani si siano riscaldati, la quantità di neve e di ghiaccio si è ridotta, il livello del mare è aumentato e la concentrazione di anidride carbonica è aumentata a un livello senza precedenti almeno negli ultimi 800 mila anni“. Le cause principali sono la combustione di combustibili fossili e la deforestazione, entrambe attività antropiche. Le conseguenze sono già visibili in termini di sconvolgimenti climatici, fenomeni atmosferici estremi, devastazione di habitat ed ecosistemi.

E siamo solo all’inizio. La situazione è destinata a peggiorare, rapidamente e in misura esponenziale, per via di un “effetto domino” attraverso il quale i vari fenomeni si implementano e amplificano a vicenda. Le conseguenze sono potenzialmente catastrofiche, sotto ogni profilo,umano, economico, ambientale. Per scongiurare un cataclisma globale occorre, secondo l’IPCC, ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, in particolare quelle di anidride carbonica (CO2).

 Questo appello, non a caso, è statolanciato poco prima della Conferenza di Katowice, sottolineando come sia ancora possibile rimediare, ma come il tempo a disposizione stia scadendo: 12 anni al massimo, poi il cambiamento climatico diventeràirreversibile. Ma, come sempre, l’appello degli scienziati ècaduto nel vuoto. Troppo forti gli interessi economici in gioco,specialmente quelli dei Paesi produttori di petrolio: soprattutto Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita hanno agito per frenare le iniziative volte a ridurre l’utilizzo di combustibili fossili. Gli USA, in particolare, sono da tempo protagonisti di una clamorosa retromarcia, che li ha portati a recedere dall’accordo di Parigi,sottoscritto da Obama, a causa della nuova linea di Trump, un negazionista che confuta il riscaldamento globale, non si capiscebene se per convinzione o convenienza.

A causa di questa divergenza di interessi, la Cop 24 si è conclusa con un faticoso compromesso che rimanda ogni decisione importante al 2020, ma che ha almeno adottato una sorta di “manuale delle regole” che dovrebbe consentire di rendere finalmente operativo l’accordo di Parigi, a tre anni dalla sua sottoscrizione. Per alcuni, già un successo, viste le basse aspettative della vigilia. Ma intanto il tempo passa, la situazione peggiora e di azioni concrete non se ne vedono.

Se dovessimo limitarci a questo resoconto, dovremmo essere delusi, e il titolo avrebbe potuto essere “Un brutto clima”. Ma a Katowice è successo qualcosa di inusuale, inaudito, che riaccende la speranza. È successo che, come dicevamo all’inizio, la generazione successiva ci ha sbattuto in faccia la realtà, inchiodandoci alle nostre responsabilità.

Lo ha fatto per bocca di Greta Thunberg, una determinata quindicenne svedese che da qualche tempo, ogni venerdì, sciopera e non va a scuola per protestare contro l’indifferenza che i decisori mondiali mostrano nei confronti di una questione vitale come quella dei mutamenti climatici. La suaazione è stata ripresa da molti media ed è diventata virale,tanto che la ragazza è stata invitata a parlare proprio alla Cop 24. Un discorso che a sua volta ha fatto il giro del mondo, chiaro,diretto, preciso e senza peli sulla lingua.

“Sostenete di amare i vostri figli sopra ogni cosa – ha detto Greta – e gli state rubando il futuro da sotto gli occhi” e ancora “voi parlate solo di andare avanti,e proponete le solite idee inutili che ci hanno fatto finire inquesto casino, anche se l’unica cosa sensata da fare è tirare il freno di emergenza. Non siete maturi abbastanza per dire le cose comestanno, state lasciando questo fardello a noi bambini. La nostra civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a un piccolo numero di persone di continuare a fare un sacco di soldi […] sono le sofferenze di molti che pagano il lusso di pochi”.

Poche parole che valgono più di montagne di analisi economiche e sociologiche. Una strigliata da far bruciare la pelle. Ma non basta. “[…] finché non vi fermerete a focalizzare cosa deve essere fatto, anziché su cosa sia politicamente possibile, non c’è alcuna speranza. Non si può risolvere una crisi senza trattarla come una crisi. Dobbiamo lasciarei combustibili fossili sottoterra e concentrarci sull’uguaglianza. E se il nostro sistema non ci permette di trovare soluzioni, alloradovremmo cambiare l’intero sistema stesso”. Lapalissiano.

E la conclusione è spiazzante: “Non siamo venuti qui a implorare i leader mondiali di prendersi cura di noi. Ci avete ignorato in passato e ci ignorerete ancora. Abbiamo finito le scuse e il tempo per agire sta per finire. Siamo venuti qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia oppure no. E che il vero potere appartiene al popolo”.

 Può sembrare esagerato, ma riteniamoche questo discorso apra il terzo millennio, per quello che dice eperché chi lo dice è una “millennial”, appartiene alla generazione di questo secolo. Molti giovani hanno già aderito alla battaglia di Greta. E loro sono il futuro. Un futuro che viene a reclamare il proprio posto nel mondo e i propri diritti, primo fra tutti quello di abitare in un pianeta vivibile, e non nello schifo che gli stiamo lasciando. Ed è una generazione che ha nuovamente compreso l’importanza della partecipazione, dell’attivismo, della lotta, cose dimenticate dai figli del consumismo anni ’80 e ’90.

I millennials hanno presocoscienza di sé. E quando il futuro prende coscienza di sé, il passato deve farsi da parte. Non sarà facile, non sarà subito, ma questa zavorra mentale abbarbicata ai modelli del Novecento ha i giorni contati, meglio rendersene conto e facilitare il futuro. Perché il tempo è dalla loro parte.

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