Analisi costi e benefici


Il Governo ha finalmente reso pubblica l’Analisi costi-benefici relativa al TAV Torino-Lyon e, come prevedibile, l’esito è stato accolto da un vespaio di polemiche. Questo perché, com’era prevedibile, il documento stilato dagli esperti di nomina governativa ha dato parere negativo all’esecuzione dell’opera, stimando che i costi di realizzazione e manutenzione siano superiori ai benefici attesi, anche nell’ipotesi di scenari particolarmente favorevoli. In sostanza, si dice, il traffico merci e passeggeri non è e non sarà mai di entità tale da giustificare un’opera dai costi così elevati.

È la tesi sostenuta da decenni dal Movimento No-TAV, basata su analisi e dati estremamente diversi da quelli snocciolati per anni dai proponenti dell’opera, che fornivano previsioni di crescita dei traffici puntualmente smentite dai fatti. Una realtà della quale, peraltro, aveva già preso atto anche il precedente esecutivo, poco meno di un anno fa. All’epoca del Governo Gentiloni, infatti, era stato pubblicato un documento dell’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino – Lione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che recitava così: “Non c’è dubbio che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica”. In realtà non è proprio così. Fin dai primi anni ’90, il Movimento No-TAV ha pubblicato svariate analisi che mostravano stime di traffico nettamente inferiori, risultate poi più in linea con i dati effettivi rispetto a quelle dei proponenti dell’opera. Anche analisi effettuate da economisti indipendenti già a partire dal 2005 confermavano che le previsioni dei Sì-TAV erano irrealistiche, e del resto si tratta di una tendenza storica riscontrata a livello mondiale: da sempre, i proponenti di qualunque grande opera tendono a sottostimare i costi e a sovrastimare i benefici.

Naturalmente, è possibile che chi si oppone alle grandi realizzazioni tenda a fare l’esatto opposto. Del resto, la statistica è la più ingannevole fra tutte le scienze esatte e, come diceva qualcuno del mestiere, i numeri, se li torturi abbastanza a lungo, ti dicono tutto quello che vuoi sentire. Tuttavia, dopo decenni di discussione su quest’opera, oggi abbiamo la possibilità di fare già dei riscontri e, come detto poc’anzi, i numeri reali davano ragione alle previsioni dei No-TAV, tanto che il Governo Gentiloni ne aveva formalmente preso atto, ma nonostante ciò aveva manifestato l’intenzione di proseguire ugualmente nell’esecuzione dell’opera.

Tanto paghiamo noi, verrebbe da dire. Perché va ribadito che i fondi spesi per il tunnel della Torino-Lyon sono comunque soldi pubblici, sia quelli stanziati dal Governo italiano, sia i contributi europei, che derivano a loro volta da quote versate all’UE dai singoli Stati membri, tra i quali l’Italia risulta essere fra i maggiori contributori.

Ora però che la nuova analisi costi-benefici smentisce, ancora una volta, le previsioni dei Sì-TAV, l’attuale Esecutivo sembra intenzionato a cambiare approccio rispetto al passato. Sembra, dicevamo, perché in realtà all’interno della compagine governativa si sta aprendo una frattura che è forse la più rilevante fra le molte che caratterizzano questa maggioranza raffazzonata, caratterizzata da due componenti estremamente diverse fra loro. Da un lato la Lega, molto vicina all’imprenditoria del nord, vorrebbe proseguire l’opera, come tutti gli esecutivi precedenti, che hanno sempre sposato in modo acritico e quasi fideistico le tesi dei proponenti, oggi smentite dalla nuova analisi, ma soprattutto dai dati reali. Dall’altro lato i Cinquestelle, che insieme alla Sinistra sono gli unici esponenti politici da sempre contrari al TAV, trovano conferme al loro scetticismo e ulteriori motivazioni per stoppare l’opera.

Naturalmente, ognuno può legittimamente formarsi la propria opinione su un argomento che negli anni è diventato sempre più divisivo, andando ben oltre la questione di fondo, cioè lo scavo di un buco dentro una montagna, per quanto di lunghezza elevata e costosissimo. Oggi lo scontro è salito di livello e vede contrapporsi i fautori di uno “sviluppo” basato sulle infrastrutture finanziate con soldi pubblici e coloro che argomentano la necessità di un cambio di paradigma in grado di creare comunque posti di lavoro e benessere, ma con schemi differenti da quelli a cui restiamo pervicacemente aggrappati, nonostante limiti e problematiche ormai evidenti.

Ci permettiamo solo di evidenziare brevemente alcuni aspetti elementari.

Grammatica. Il dibattito è tale da dividersi addirittura sulla grammatica, cioè fra chi dice “la” o “il” TAV. L’acronimo TAV sta per Treno ad Alta Velocità, quindi ovviamente la dizione corretta è “il” Treno. Ma fin dall’inizio gli organi di stampa, generalmente favorevoli all’opera, hanno sempre scritto “la TAV”. Malignamente, si potrebbe dire che sostenevano qualcosa a prescindere, senza nemmeno sapere di cosa stavano parlando. In ogni caso, tale locuzione errata è ormai entrata nella vulgata dell’opinione pubblica, che evidentemente non si è curata di verificarne l’esattezza grammaticale. E forse non solo quella.

Storia. Si dice che il traforo storico del Frejus fu un’intuizione straordinaria e lungimirante, che portò grande sviluppo. Verissimo. Nel 1871. Quando l’alternativa era valicare le Alpi in carrozza o a piedi e l’industria conosceva enorme sviluppo in Europa. Oggi il mondo è un po’ diverso…

Geografia. Uno degli argomenti principali dei Sì-TAV, in particolare di quelli piemontesi, è che dobbiamo costruire l’opera “per non restare isolati dall’Europa”. Il Piemonte è fra le poche regioni italiane ad avere un confine internazionale, anzi due. Chiunque voglia spedire merci in Francia via terra deve passare di qua, a meno di non utilizzare il valico ligure di Ventimiglia, che però va in direzione sud-ovest, mentre il Frejus consente di puntare a nord-ovest. Tra l’altro, la tratta ferroviaria internazionale Genova-Ventimiglia-Mentone è per alcuni tratti ancora a binario unico. Forse sarebbe il caso di raddoppiare quella linea, prima di quadruplicare quella del Frejus, che è già a doppio binario.

Logica. Si sottolinea la necessità di passare dal trasporto su gomma a quello su rotaia. Giusto. Allora perché non lo facciamo? Fra Torino e Milano e fra Torino e Roma l’Alta Velocità c’è già. Perché le rispettive autostrade sono ancora piene di camion? Forse perché il problema, più che infrastrutturale, è logistico, cioè dipende dall’organizzazione dei trasporti, la vera priorità su cui intervenire.

Matematica. Il tunnel è lungo 57,5 km, di cui 45 in territorio francese e 12,5 in territorio italiano, tuttavia la ripartizione del costo è 42,1%  Francia,  57,9%, Italia. La sperequazione è dovuta al fatto che la Francia dovrebbe accollarsi i maggiori oneri della propria tratta nazionale, ma Parigi al momento ha congelato quei lavori, dunque l’accordo andrebbe ridiscusso. Ma qui più che di matematica si tratta di politica …

E a proposito di politica, le due anime del Governo assicurano che stanno lavorando per arrivare a un compromesso. Cioè? Un tunnel o lo fai o non lo fai, non è che puoi scavarne solo metà o farlo a binario unico per risparmiare.

Però a ben pensarci una soluzione ci sarebbe. Visto che i sostenitori del TAV – politici, industriali, categorie produttive, vari sindacati, organi di informazione e moltissimi cittadini – pensano che l’opera avrà importanti ritorni economici, potrebbero finanziarla di tasca loro, come è già stato fatto per il Tunnel sotto la Manica. Basta trasformare la Telt, l’azienda incaricata della costruzione della linea, in una Società per Azioni che raccolga i fondi necessari sul libero mercato, da investitori privati. Visto l’entusiasmo che circonda l’opera, c’è da giurare che le azioni andrebbero a ruba, con decine di politici e confindustriali in prima fila a dare l’esempio. A quel punto, il Governo non potrebbe che avallare un’opera che, in pratica, si finanzia da sola. Fa stupire che i tanti Sì-TAV ancora non abbiano pensato a questa soluzione …

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